L’emirato debutta senza governo. Usa aiutati dai talebani
Corano e potere Dopo la festa per “la libertà”, prime riunioni a Doha per l’esecutivo. Ma regna il caos. I talib: “Fidatevi”
“Adesso l’af gha nistan è sovrano e libero ”. Quando l’ultimo soldato americano se ne va è quasi mezzanotte. A Kabul la vittoria si celebra con raffiche di kalashnikov che bucano silenzio e buio, grida di ringraziamento ad Allah takbir, il grande. Le squadre speciali talib alzano le canne dei fucili al cielo e pregano in pista. “È una grande lezione per il mondo l’america sconfitta”, con cui però auspicano di avere “buone relazioni”, dice il portavoce Zabihullah Mujahid ai centinaia di soldati sul posto e a centinaia di migliaia di follower su Twitter. L’ultimo avamposto occidentale appena abbandonato da truppe straniere e cargo diventa subito il podio dei comizi del primo giorno dell’emirato Islamico.
“ABBIAMO PORTATO la pace” ha detto Hanas Haqqani, leader di un clan che ha dato il nome a un’intera rete di terroristi attivi tra Pakistan e Afghanistan. “Col cambio di regime, ci sono delle sfide, come quando si cambia casa”. Dopo la metafora del trasloco, la propaganda talib ripiega sul ritorno della sicurezza per le strade e “ospedali non più pieni di morti”.
Tra piste e scali che il segretario generale Nato, Jens Stoltenberg, ha chiesto di lasciare aperti per permettere l’entrata degli aiuti umanitari, rimarranno divise di Turchia e Qatar, la petromonarchia che accoglierà d’ora in poi tutte le ambasciate straniere che non riapriranno a Kabul. In una guerra senza vincitori a trionfare è Doha, d’ora in poi canale unico per parlare con gli islamisti che invece richiedono la riapertura delle sedi diplomatiche. Fondi, oltre che alleanza e rapporti con la comunità internazionale, è quello che serve a un movimento finora militare che compie i primi passi politici con le casse vuote e servizi primari da garantire.
“Il mondo deve riconoscerci, cooperare con noi e fare investimenti per la ricostruzione” ha detto Ahmadullah Wasiq, della commissione culturale talib.
Non a Kabul, ma a Khandahar, città natale del leader supremo Hibatullah Akhunzada, riemerso dalla clandestinità iniziata nel 2016, si è riunita ieri la primashura, consultazione per un nuovo governo islamico. Nonostante le promesse di immediata formazione dell’esecutivo, le prime rivalità tra correnti in un movimento tutt’altro che omogeneo emergono e ritardano il riavvio del sistema governativo da cui gli impiegati sono scappati.
Se per i talib è “un momento storico”, per Mosca è critico: “La gente rischia la vita pur di scappare”, ha detto ieri il ministro della Difesa Serghey Shoigu al Cremlino. Il Pakistan dice no a Stati Uniti ed Europa che chiedono di accogliere i rifugiati e anche gli uzbeki chiudono i confini. Su quasi 100mila bambini senza casa, 33 mila negli ultimi 20 anni sono stati mutilati, denuncia Save the children. Che i loro diritti vadano rispettati lo ha detto l’onu che si è rivolta direttamente ai nuovi padroni di un Paese dove quasi la metà della popolazione ha meno di 15 anni. Di altri bambini parla Amnesty, che chiede ufficialmente agli Usa di assumersi la responsabilità delle sei piccole vittime uccise dall’attacco del suo drone il 29 agosto.
Da Londra arrivala smentita all’alibi di Washington, avvertita dall’ int el ligen ce un giorno prima dell’ attacco dell ’Isis-k: i varchi non sono stati lasciati aperti per i britannici, dice il ministro degli Esteri Domenic Raab. Uccidono otto talib e ne feriscono altrettanti in uno scontro a fuoco a ovest della valle del Panjshir i ribelli dell’alleanza del Nord. Masoud Andarabi, ex ministro dell’interno, che ha denunciato tre giorni fa l’uccisione di un cantante folk, ribadisce che le violazioni dei diritti delle donne sono sistematiche. I talib “non sono quella decina di volti che hanno visto gli occidentali durante i negoziati di Doha”, ma incontrollabili criminali impuniti delle province.
DALLE CENERI di un simbolo, l’aeroporto, nasce l’icona di un ritiro che l’aviazione americana vuole ricordare come una gloriosa sconfitta. Immortalato fuori fuoco da un mirino notturno di un fucile, la foto mostra l’ultimo soldato che sale a bordo dell’ul ti mo cargo: è la fine dell’operazione Enduring freedom, la pace duratura che adesso assicurano di mantenere nell’emirato rinato dalla guerra dei vent’anni.
Le macerie Amnesty: gli Usa risarciscano per le vittime del raid Allarme per donne e bambini. Il Pakistan dice no ad altri rifugiati