Altro che emergenza finita: 450 nuovi infetti in 24 ore
■Secondo il monitoraggio indipendente di Gimbe, nell’ultima settimana i contagi sono saliti del 23%. Ma ieri il nuovo balzo ha aggravato l’allarme del Comitato tecnico-scientifico
Nessuno potrà entrare e nessuno potrà uscire. Sono tutti in isolamento per 15 giorni gli operatori e gli ospiti dell’ex caserma Serena di Casier (Treviso), centro di accoglienza per richiedenti asilo gestito dalla cooperativa Nova Facility (la stessa che si occupa dell’hotspot di Lampedusa) trasformatosi in un maxi focolaio Covid. L’ulss trevigiana, al termine di uno screening di massa concluso in 24 ore, ha trovato 133 positivi su 315 tamponi eseguiti. L’indagine epidemiologica è partita dopo che un ospite aveva accusato sintomi influenzali: il tampone positivo e gli accertamenti sui contatti più stretti, anch’essi risultati infetti, hanno fatto sospettare la presenza di un focolaio. La verifica è terminata in tempi rapidi grazie alla collaborazione tra azienda sanitaria, prefettura, polizia e Cmuni di Treviso e Casier, riuscendo a circoscrivere il cluster, mentre è ancora in corso un’indagine sui contatti esterni di alcuni ospiti che lavorano fuori dalla struttura per escludere altre catene di contagio. È il focolaio più consistente dalla fine del lockdown.
Il caso mostra quanto sia facile per il nuovo Coronavirus diffondersi all’interno dei centri di accoglienza, dove spesso non vengono rispettate le misure di prevenzione. Anche in centri considerati modello come quello della coop trevigiana Nova Facility, presieduta dal 36enne Gian Lorenzomarinese (fratello del presidente della Confindustria veneziana, Vincenzo Marinese), importante realtà dell’accoglienza in Veneto e non solo. Nova Facility si era aggiudicata l’appalto per la gestione del maxi centro di accoglienza di Cona, nel Veneziano, al posto della Edeco, travolta da scandali, rivolte di migranti e inchieste giudiziarie sulla malagestione in seguito alla morte della giovane richiedente asilo ivoriana Sandrine Bakayoko il 2 gennaio 2017. Marinese si è sempre presentato come un imprenditore attento alla dignità dei migranti, dichiarando di non voler gestire “centri di accoglienza al massimo ribasso”.
Il virus era già entrato nell’ex caserma Serena a metà giugno, quando un operatore addetto alla raccolta dei rifiuti rientrato dal Pakistan aveva manifestato sintomi influenzali e febbre a 38°. Era emerso che l’uomo, tornato in Italia a maggio dopo una permanenza forzata in Pakistan a causa del loc
kdown, avrebbe nascosto per giorni i sintomi iniziali del Covid assumendo antipiretici. Lo screening di massa effettuato a giugno aveva trovato un solo ospite positivo su 329 tamponi effettuati a migranti e operatori, risultati tutti negativi, e il dipendente pachistano era stato anche denunciato dalla cooperativa. Nonostante le misure prese il virus è tornato a diffondersi. Scatenando le ire del sindaco leghista di Treviso, Mario Conte, che ora chiede la chiusura del centro: “Questo focolaio genera un danno incalcolabile al nostro territorio”.
Il cluster trevigiano fa salire i dati del Veneto, che ieri sera contava 200 nuovi casi, un dato molto simile alla media giornaliera nazionale delle ultime settimane. In tutta Italia i numeri raddoppiano, ieri il bollettino quotidiano delle 18 contava 386 nuovi contagi notificati, ma evidentemente sono di più perché per il Veneto ce ne sono solo 112. Preoccupa la situazione dei centri di accoglienza in Sicilia, specie a Porto Empedocle, messi a dura prova dagli sbarchi in aumento anche se, per il momento, non si sono registrati focolai delle dimensioni di quello dell’ex caserma Serena. Ancora tentativi di fuga dalla quarantena, ieri a Cori (Latina).
EX CASERMA STRUTTURA MODELLO: 133 CONTAGIATI SU 315 TAMPONI