TECNICHE DI SEDUZIONE IN TRENO, DEDICATE A VIAGGIATRICE GRAZIOSA
Il capotreno di un regionale Bologna-ancona ha dovuto far scendere una trentina di passeggeri perché le carrozze erano troppo piene. ( FQ , sabato 20 giugno) Causa coronavirus, molte cose non saranno più come prima, e già ne proviamo nostalgia. Per esempio, i viaggi in quel meraviglioso gabinetto di osservazione sociologica, specie se gremito, che Leopardi chiamava siderodromo: il treno. Quando arrivava al convoglio una viaggiatrice giovane e graziosa, con trolley alla moda, subito 80 viaggiatori, traboccanti dalla cornice dei finestrini, si sforzavano di emettere dalle pupille fluidi calamitati per attirarla dentro il proprio vagone. La bella di Lodi, un meraviglioso insieme di ossa e di luce non ancora lavorato dal tempo, ignorava i colli protesi a elemosinarle un sorriso, e saliva in carrozza. All’unisono, tutti gli affacciati di quel vagone si toglievano dai finestrini per guardare in corridoio, colmi di speranza; ma lei entrava da te, e loro si rassegnavano, augurandoti a mezza bocca una morte cruenta. (All’ invidia bisogna credere, altrimenti poche cose si spiegherebbero.)
Il treno parte, infiocchettato di fazzoletti al vento, ma tu vieni distratto dalle evoluzioni di quel cataclisma psichico che, in tacchi alti e gonna aderente, poggia il trolley sulla poltrona di fronte a te e le si siede accanto con un sospiro, a leggere un tomo di Agamben, che manco sai chi è. Dopo un pensiero fugace al reggiseno inesistente, noti che la bella misteriosa ha la fede al dito. Ti chiedi pertanto se il marito sia restato in città, o cosa cazzo stia succedendo. Escogiti dunque di parlare di te stesso, della tua vita, degli scopi del tuo viaggio, con abbondanza, per costituirti un ampio diritto a ricevere confidenze da lei, e intanto approfitti di un suo sguardo al paesaggio in corsa per eseguire un gesto che significa: “Mi scusi, non voglio importunarla. Desidera il finestrino aperto o chiuso? Coi miei muscoli d’acciaio potrei abbassarlo. Sono a sua completa disposizione. Se vuole le lecco pure la figa.” A tanta generosità gestuale, la viaggiatrice incantevole replica con un piccolo cenno che significa: “Lei può anche aprire il finestrino e buttarsi di sotto, non potrebbe fregarmene di meno.” Allora le chiedi, sempre a gesti, se desidera il suo trolley sulla reticella. Con un altro cenno ti risponde di no, si faccia i cazzi suoi. Tutto ciò espresso nel mutismo più garbato. E mentre stai immaginando un’avventura memorabile con lei, senza consultare altro che i ricordi di operette ambientate in Ungheria, si arriva a Forlì. Qui penetra nello scompartimento – proprio nel tuo – un bellimbusto. Dentro di te dai di matto, perché l’intruso è venuto a interrompere il più appassionato degli idilli. Ti senti leso nel tuo jus primae stationis. E naturalmente la testa di cazzo si siede proprio di fronte alla procace silenziosa, dopo averti guardato con la sua faccia da stronzo. Il treno riparte dolcemente, come una mano di ladruncolo che si ritrae cauta da una tasca altrui. L’intruso chiede alla giovane se desidera che il trolley ingombrante finisca sulla reticella, e – sorpresa! – riceve non solo un sorriso – il primo sorriso del viaggio – ma addirittura un soavissimo “grazie”, offendendo il tuo orgoglio virile nel modo più ignobile. Il resto del tragitto fino a Cattolica lo impiegavi nello studio etnologico della troia.