“Più investimenti, nessun condono e 7 mld alla scuola”
In vista del “Recovery plan” dell’ue
L’Italia era rimasto l’unico grande Paese Ue a non averlo ancora inviato a Bruxelles. Il Piano nazionale di Riforma è però pronto al ministero dell’economia. L’intenzione di Giuseppe Conte e del ministro Roberto Gualtieri è di approvarlo al prossimo Consiglio dei ministri, tra oggi e domani. Stando alle bozze, le idee sono, per così dire, ambiziose: basta condoni, riforma fiscale, salario minimo e maggiori investimenti, specie in infrastrutture, ma anche su scuola, università e sanità.
Di norma il Pnr viene allegato al Documento di economia e finanza di aprile. È un sunto di buone intenzione con scarso peso politico. Stavolta però serve al governo per dare le linee guida del “Recover y plan”, il programma che a settembre consegnerà alla Commissione per illustrare come vuole usare i soldi (quanti, e in che modalità, ancora non è chiaro) del piano europeo anti-crisi, in discussione al prossimo Consiglio europeo del 18 luglio.
“Non vi è tempo da perdere per evitare una fase di depressione economica”, premette Gualtieri nel testo. Il primo obiettivo dell’esecutivo è “una riforma complessiva della tassazione diretta e indiretta”, compresa quindi l’iva. Il governo promette di stringere sulla lotta all’evasione, ma “non sono previsti nuovi condoni”. Non è una banalità, perché finora gli ultimi tre esecutivi hanno fatto cassa con le “rottamazioni” delle cartelle esattoriali mettendo a bilancio come “lotta all’evasione” ricavi ottenuti da condoni in piena regola. La promessa è anche di insistere per far entrare in vigore nel 2020 la web tax portando avanti il negoziato in sede europea.
Sul lato sociale, il governo ritenta anche la carta del salario minimo orario, “collegato alla contrattazione collettiva”. Tradotto: piu che fissare una soglia a priori si useranno i minimi del contratti nazionali (idea cara al Pd, ma non ai 5Stelle, visto che in diversi casi si tratta di cifre assai basse). L’impegno è anche a potenziare il sistema dei centri per l’impiego e il Reddito di cittadinanza, che sarà sottoposto a un monitoraggio per valutarne “l’efficienza e l’efficacia” nel “migliorare la condizione del percettore” e delle politiche attive (a oggi circa 60mila percettori hanno trovato lavoro, il 20% di quelli presi in carico dai centri per l’impiego). Il testo ricorda anche la legge delega sul “family act”, che prevede nel 2020 un assegno universale per i figli e il sostegno all’educazione, e promette di riorganizzare la normativa sui congedi parentali e la promozione del lavoro femminile. Quota 100, la mini riforma delle pensione del governo Gialloverde, verrà invece lasciata scadere nel 2021, ma sul dopo le idee sono restano abbastanza vaghe (ci si limita a dire di voler favorrire “l’equità generazionale”).
La parte più rilevante, in chiave europea, riguarda gli investimenti. Il Pnr promette di portare gli investimenti al 3% del Pil nei prossimi 4 anni, grazie ai fondi del piano europeo ( nel 2019 si sono fermati al 2,3% e l’obiettivo prima de Covid era di arrivare al 2,6% nel 2021). Il governo prevede di connettere in fibra ottica tutte le scuole statali superiori e medie nei prossimi due anni e di mettere fine al fenomeno delle “classi pollaio”. Per il rilancio post-covid, spiega ancora il testo, “si punterà ad
In vista del Recovery plan Salario minimo, riforma fiscale e “investimenti al 3% del Pil” tra sanità e infrastrutture (in buona parte grandi opere)
incrementare la spesa pubblica per la ricerca e per l'istruzione, in special modo terziaria, in misura pari complessivamente a 0,4 punti percentuali di Pil nei prossimi tre anni”, circa 7 miliardi.
Il governo spiega anche di voler investire nella sanità, specie nell’edilizia sanitaria dove “il fabbisogno di intervenit infrastrutturali è di 32 miliardi”, cifra molto simile ai 36 miliardi di prestiti che offre il controverso Meccanismo europeo di stabilità (Mes) a cui il Pd vorrebbe accedere nonostante i rischi dello strumento. Il grosso della spesa, però, sarà sulle infrastrutture, quelle digitali (5G e banda ultralarga), ma soprattuto quelle di trasporto. Qui spicca l’alta velocità ferroviaria, che l’apposito piano nazionale vuole portare da Nord a Sud (così da “poter arrivare da tutta Italia a Roma in 4 ore e mezza”), grandi infrastrutture costose, con tempi lunghi e bassa sostenibilità finanziaria.