Assalto delle toghe contro Woodcock dopo il caso Consip
Con l’accusa di rivelazione (poi archiviata), esponenti di Area incitano Luca Palamara ad agire contro il pm di Napoli
Non era solo Luca Palamara a essere ostile a Nino Di Matteo. Anche l’attuale segretario di Unicost, Francesco Cananzi, scriveva il 23 aprile 2018, subito dopo la sentenza Trattativa che aveva dato ragione alla linea dell’accusa sostenuta anche dal pm palermitano: “Di Matteo incredibile. Io credo che si debba investigare a 360 gradi però i modi dell’indagine (D’Ambrosio Napolitano) e le esternazioni pubbliche prima e dopo non vanno bene. Non ce n’è bisogno e sono dannose. Mettono anche in difficoltà il giudice che rischia di essere strumentalizzato. Così la vedo io”.
I CONSIGLIERI del Csm della precedente consiliatura non vedevano di buon occhio nemmeno il pm di Napoli, Henry John Woodcock. Lo si scopre sempre dalle chat trovate nel telefonino sequestrato al pm Palamara nell’indagine perugina che ha terremotato il Csm nel 2019. Anche la corrente progressista Area, quando Woodcock finisce sui giornali per un’iniziativa giudiziaria ingiusta, sembra schierarsi contro di lui. La Procura di Roma guidata da Giuseppe Pignatone aveva iscritto il magistrato napoletano per un’inesistente fuga di notizie (errore ammesso poi con la richiesta di archiviazione firmata dai pm), in favore del Fatto.
Il consigliere Csm Valerio Fracassi, oggi presidente della sezione dei Gip di Brindisi (capogruppo di Area nella consiliatura precedente) il 5 luglio 2017 scrive a Palamara: “Perquisizione a casa di Marco Lillo disposta dalla Procura di Napoli mentre Woodcock è indagato per rivelazione di segreto d’ufficio con Lillo. Sbrigati! Non possiamo aspettare oltre”.
Palamara risponde: “Ti aggiorno. Sto sudando sette camicie”.
Quel giorno l’autore dello scoop sul caso Consip era stato perquisito dai pm di Napoli (ingiustamente come poi la Cassazione stabilì ordinando la restituzione di pc, cellulari e carte sequestrate in tre abitazioni diverse) per provare l’accusa sballata contro Woodcock. Fracassi chiedeva di sbrigarsi a Palamara, allora relatore di una pratica a carico di Woodcock in prima commissione del Csm. Oggi Fracassi minimizza: “Non ricordo bene ma penso che volessi dire a Palamara di procedere speditamente con quella pratica visto che c’era clamore sui giornali. Non c’era però nessun intento ostile nei confronti del collega Woodcock”.
Un altro esponente di Area, il consigliere del Csm Lucio Aschettino, in quel momento è membro della prima commissione, competente sui trasferimenti per incompetenza ambientale. Il 17 luglio 2017 viene sentita dalla prima commissione del Csm la pm di Modena Lucia Musti. Alcuni giornali sostengono che avesse riferito così le frasi del capitano Scafarto del Noe: “Dottoressa, lei, se vuole, ha una bomba in mano. Lei può far esplodere la bomba. Scoppierà un casino. Arriviamo a Renzi”. In realtà non aveva detto al Csm una frase simile e i fatti non si erano svolti così, però in quel periodo tutto faceva brodo per la grancassa dei giornali filo-renziani. Il consigliere del Csm di Area, Aschettino, commentava: “Ha fatto un gran casino”. Ma Palamara rintuzzava: “Assolutamente no Lucio, è stata molto precisa e lineare”. Poi il 24 luglio vengono auditi in commissione anche il procuratore reggente di Napoli Nunzio Fragliasso e il procuratore generale Luigi Riello. Aschettino e Palamara, in corso di audizione, chattano. Alle 17 e 15, Aschettino scrive: “Chiedi di sentire D’Avino ( procuratore aggiunto di Napoli, ndr). So che Palascandolo (la pm Parascandolo inizialmente co-delegata nel fascicolo Consip con Woodcock e Celeste Carrano, Ndr ) si è chiamata fuori perché in disaccordo”. Palamara chiede: “La sentiamo?”. E Aschettino: “Dopo D’Avino”. Palamara concorda: “Ok”. E Aschettino: “Non mi sembra marginale perché Reillo (Pg di Napoli, Ndr) ha sostanzialmente detto che si sono voluto tenere il procedimento anche se non di competenza Dda” e Palamara: “Esatto”. Il 18 settembre 2017 i procuratori aggiunti D’Avino e Giuseppe Borrelli sono ascoltati ma la performance, per Palamara, è deludente. Cesare Sirignano, pm di Unicost della Dna gli chiede: “Come è andata?”, Palamara replica: “Così così. Era come dicevi tu. Peppe cacasotto”. E D’Avino?: “Meglio”.
PERA SCHETTINO comunque parlano più delle chat i comportamenti: “La mia posizione sulla vicenda Woodcock era che non ci fossero nemmeno gli estremi per avviare la procedura ex articolo 2 né per l’ incompatibilità ambientale né funzionale. I messaggi in cui suggerisco a Palamara di chiedere le audizioni di D’Avino e Parascandalo erano solo per verificare la correttezza dell’operato del collega. L’audizione del procuratore Borrelli poi ha chiarito completamente tutte le questioni, tanto che non siamo andati avanti”.
Ostili a Di Matteo
Il segretario di Unicost: “I modi dell’indagine (D’Ambrosio Napolitano) non vanno bene”