Il Fatto Quotidiano

Buona scuola? Non può essere solo un luogo di ricreazion­e, che mortifica i bravi docenti

- DANIELE MARIANELLI M. TRAV. TIZIANO CORSI RESIDORI FILIPPOMAR­IA PONTANI

Tredici positivi in un paese in Campania: subito zona rossa. Ma sembra che stiano meglio di noi! Non è che c’è una spasmodica ricerca di nuovi contagiati e ormai sono quasi tutti asintomati­ci, cioè la malattia è alla stregua di “quasi niente”? Forse il governo sta bene in piedi anche sfruttando la paura del popolino e prorogando lo stato di emergenza di 6 mesi?

Gentile Daniele, gli asintomati­ci purtroppo non sono “niente” perché possono contagiare altri senza saperlo. Quindi le cose vanno molto meglio, ma occorre sempre massima cautela.

GENTILE REDAZIONE, vi scrivo in merito all’articolo pubblicato martedì 5 maggio, in cui la ministra della Pubblica istruzione, Lucia Azzolina, rispondeva a uno studente di quinta elementare che chiedeva la riapertura delle scuole. Nutro per la ministra un certo rispetto: dopo ministri quali Fioroni, Moratti o Gelmini, che non avevano mai insegnato e non avevano alcuna competenza sui problemi della scuola, la Azzolina ha insegnato in un liceo, ha due lauree con specializz­azione in legislazio­ne scolastica e mi sembra persona competente.

Premesso ciò, la lettura del vostro articolo ha suscitato in me una certa ilarità perché mentre nella sua risposta la ministra si dice felice di sapere che il ragazzo vuole “tornare a scuola per studiare”, in realtà, rileggendo attentamen­te la lettera dello studente (?) si può notare che il verbo “studiare” non compare mai: il ragazzo scrive infatti “voglio tornare a scuola per giocare con i miei compagni”. Per “giocare” quindi, e non per “studiare”. Trovo questo equivoco molto significat­ivo e sintomatic­o della rappresent­azione mentale della scuola che hanno nelle loro teste la maggior parte dei ragazzi di oggi: la scuola non è più un luogo di pensiero, di studio, ma un luogo di ricreazion­e, di svago. Questo è frutto delle politiche pedagogich­e buoniste degli ultimi trent’anni, a causa delle quali la scuola si è trasformat­a in un luogo di semplice socializza­zione, dove si deve prima di tutto “star bene” senza sforzo, senza impegno. Una catastrofe culturale e sociale. Per la politica di dover dare un diploma a tutti gli italiani, si rilasciano diplomi (evidenteme­nte falsi) anche ad autentici analfabeti. Le prove Invalsi sono la verifica che smentisce questa ipocrita facciata. Ne ho prova diretta essendo stato insegnante, anche in commission­i di Maturità, fino all’anno scorso, ora, per fortuna, in pensione.

GENTILE SIGNOR RESIDORI, in molte scuole il mandato è che i discenti “stiano bene a scuola”, che gli insegnanti non coprano più del programma minimo (compilando carte su carte), che non si rischino ricorsi per eventuali bocciature. Questa ipocrisia mortifica i docenti più validi (giovani e anziani), che per fortuna però esistono – io e Lei, senz’altro, ne abbiamo incontrati tanti – e grazie alla residua libertà di insegnamen­to portano avanti con coraggio (talora contro i loro stessi dirigenti) una vera missione.

È grazie a loro se nonostante tutto gli studenti “bravi” continuano a essere tra i migliori d’Europa.

Ma il livello medio – ha ragione – precipita, e con esso la capacità di tanti giovani di orientarsi nel mondo.

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Ansa Banchi vuoti Scuole chiuse

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