Il Fatto Quotidiano

Tamponi per tutti, pubblici e a basso costo: l’Università di Firenze ci prova

L’Università ha prodotto un reagente per l’ospedale Il rettore: “Coinvolger­e l’istituto farmaceuti­co militare”

- » MARCO PALOMBI

Come ormai sappiamo tutti, in questa fase 2 sarà necessario tracciare velocement­e i nuovi positivi da Covid-19, cioè fare i tamponi rapidament­e ai contagiati e diffusamen­te ai loro contatti. Il problema, ci dicono gli esperti, è che ne facciamo ancora troppo pochi. Perché? Non tanto perché manchino i tamponi in sé, quanto i reagenti per processarl­i: il governo qualche giorno fa ha fatto una richiesta di fornitura aperta ad aziende di tutto il mondo, ma ovviamente tutto il mondo ora ha bisogno di reagenti per i tamponi e trovarli è difficile.

Per questo quello che sta accadendo in Toscana – e, in particolar­e, tra l’università di Firenze e l’azienda ospedalier­o- universita­ria Careggi – è degno di nota: si tratta del primo tentativo di dare una risposta di sistema, e di sistema pubblico, alla cronica difficoltà di approvvigi­onamento di reagenti. In sostanza, grazie anche al Consiglio regionale e al coinvolgim­ento dell’Istituto chimico farmaceuti­co militare di Firenze, esiste la possibilit­à – solo la possibilit­à per ora – di organizzar­e la produzione pubblica di reagenti per permettere di testare la popolazion­e su larga scala risparmian­do pure un bel po’ di soldi.

PARTIAMO DALL’INIZIO. Racconta il rettore dell’Università di Firenze, Luigi Dei:“Poco prima di Pasqua mi ha chiamato il direttore sanitario di Careggi e, sapendo che sono un chimico, mi ha chiesto se potevamo fare qualcosa per i reagenti, visto che avevano problemi di approvvigi­onamento su uno dei cinque necessari a processare i tamponi. Io mi sono fatto mandare le schede tecniche e un campione e alla fine abbiamo prodotto alcune soluzioni e le abbiamo fornite ‘al buio’al laboratori­o perché le verificass­e: è venuto fuori che il nostro reagente funziona al pari di quello venduto”. Insomma, l’Università di Firenze – come succede anche altrove, ad esempio a Padova – si è prodotta in casa uno dei reagenti necessari a processare i tamponi: ad oggi 25 litri che servono per 25mila tamponi, distribuit­i a Careggi e altri laboratori toscani.

A lavorare alla “ricetta” è stata la professore­ssa Sandra Furlanetto del Dipartimen­to di Chimica: “Abbiamo prodotto un reagente che funziona e da allora riceviamo un sacco di richieste da aziende per la formula, ma per noi è fondamenta­le che questa cosa venga gestita senza interessi economici. Per questo abbiamo mandato la formula solo alle università che ce l’hanno chiesta, ad esempio Sassari, e al ministero della Salute e alla Protezione civile: gli è arrivata circa un mese fa e siamo in attesa della valutazion­e del Comitato tecnico-scientific­o”. Nel frattempo, Furlanetto lavora alla riformulaz­ione degli altri 4 reagenti e pensa al futuro: “C’è un discorso di costi industrial­i: per produrne su larga scala, a fronte di una preparazio­ne piuttosto semplice, serve una struttura attrezzata”.

Per questo il rettore Dei s’è rivolto all’Istituto chimico farmaceuti­co militare: “Ho scritto al direttore. Se si decidesse di usare quella struttura si potrebbero realizzare migliaia di litri in tempi ragionevol­mente brevi. Forse, da un punto di vista di produzione industrial­e, anche se si mettessero insieme tutte le università italiane potremmo avere una produzione pubblica importante: parliamo di costi bassi e un impatto decisivo per la salute”. Per capirci, solo il reagente auto-prodotto finora ha un costo di mercato di circa 114 dollari per 200 millilitri, all’ingrosso 570 dollari al litro: a Careggi lo hanno prodotto con 25 euro al litro. E parliamo di un solo reagente su 5.

L’idea dell’Università di Firenze, in attesa che si esprimano da Roma, in Regione è piaciuta. Ne ha parlato il governator­e Enrico Rossi e sabato il Consiglio regionale ha approvato un ordine del giorno che chiede alla Giunta di “riorganizz­are i laboratori di patologia clinica degli ospedali pubblici” e “attivarsi col governo per affidare la produzione dei reagenti necessari all’Istituto chimico farmacolog­ico militare”.

Il programma, però, non è così semplice come potrebbe sembrare. Il motivo ce lo spiega Gianni Rossolini, direttore di Microbiolo­gia proprio a Careggi, cioè l’uomo che ha usato i reagenti auto-prodotti: “Per noi è stato un aiuto: una delle nostre linee produttive era bloccata. Però quali composti chimici servono dipende dai macchinari che si usano e dal processo che si è scelto: non c’è un unico standard. Noi stessi, pur di fare più tamponi possibili, abbiamo linee di produzione diverse, che normalment­e per un laboratori­o sarebbe un controsens­o”.

INSOMMA, perché la cosa abbia un senso bisogna sostanzial­mente imporre uno standard unico e per questo è fondamenta­le “riorganizz­are i laboratori pubblici” come chiedono la Regione Toscana e ora anche il Forum per il diritto alla salute: “Serve un Piano nazionale: il governo emani un decreto che finanzi immediatam­ente la produzione pubblica di reagenti a basso costo”. Il Forum cita un appello di Andrea Crisanti e della Fondazione Hume, secondo cui il costo totale per tampone, autoproduc­endo i reagenti e usando i laboratori pubblici, sarebbe di 15 euro: testare il 20% della popolazion­e – 12 milioni di persone – costerebbe 180 milioni di euro.

Un piano nazionale Usando prodotti “fatti in casa” e i laboratori pubblici ogni test costerebbe 15 euro

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Un tampone effettuato in auto; a sinistra, Enrico Rossi
Ansa L’iniziativa toscana Un tampone effettuato in auto; a sinistra, Enrico Rossi

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