Il Fatto Quotidiano

Viaggio tra città, outlet, bar, spiagge, barbieri. Fontana: giravolta sui test

- » SIMONE BAUDUCCO

La nuova fase di Milano inizia con un senza tetto che arrotola il materasso con cui ha dormito sotto la Galleria Vittorio Emanuele. Sono le sette del mattino e le vetrine delle grandi firme della moda vengono pulite dagli inservient­i. Poco più in là i caffè prendono le misure per lasciare un metro tra un tavolo e l’altro. Oggi è il giorno della ripartenza per oltre “4.800 bar, 3.400 ristoranti, 2.900 parrucchie­ri, 220 negozi di abbigliame­nto e 700 di calza tu re ” come snocciola il sindaco Sala. Si tornano a celebrare anche le messe. In Duomo possono entrare solo in sessanta dopo il controllo della temperatur­a. Niente acqua santa all’ingresso, ma gel igienizzan­te. “Vi abbiamo aspettato tanto” di ce monsignor Gianantoni­o Borgonovo.

AL POSTO del segno di pace ci si scambia un sorriso e i sacerdoti indossano guanti e mascherine per distribuir­e la comunione. Ma c’è un altro rito che ritorna a celebrarsi a Milano. Quello del caffè al banco. In tanti hanno montato dei plexiglass per separarsi dai cliente. Davanti ai bar di piazza San Babila si crea una procession­e di fronte a chi è aperto. Intanto in corso Venezia sono tornate le auto, ma anche le biciclette che sono sempre di più sulla nuova ciclabile. A pochi metri da qui, c’è il saloni di parrucchie­ri Charmes e Cheveaux. I due soci Davide e Paolo sono riusciti ad aprire soltanto perché “fin dal primo giorno di lockdown ci siamo immaginati come sarebbe potuta essere la fase di convivenza con il virus”. Così hanno ordinato i plexiglass, le mantelline monouso, le visiere, i termometri. “Chi ha aspettato l’ordinanza regionale non è riuscito ad aprire” raccontano mentre mettono a posto i capelli delle prime clienti. Si entra dopo aver misurato la temperatur­a, gli oggetti personali vengono imbustati in sacchetti. Spostandos­i verso Nord, all’ora di pranzo, il cortile di San Filippo Neri, una storica osteria di Precotto, è tornato a vivere. Qui da oltre trent’anni si servono risotti, mondeghili. I primi ad arrivare sono gli operai, mentre gli impiegati arrivano più tardi. In cucina comanda Piero Zanotta:

“Siamo una grande famiglia, è stato difficile, ma non abbiamo mai lasciato soli i nostri lavoratori anche quando i soldi della cassa non arrivavano e abbiamo dovuto anticiparl­i noi” spiega mentre prepara vitel tonnè. Suo figlio Mario che gestisce l’osteria ha avuto l’intuizione di trasformar­e i camerieri in fattorini e così sono riusciti a rimanere a galla. Oggi i tavoli che fino a tre mesi fa ospitavano venti persone oggi ne accolgono solo cinque. “Se possiamo convivere con il virus rispettand­o regole e stando attenti, siamo noi a doverci e a dover responsabi­lizzare gli altri”.

DOPO PRANZO le vie dello shopping milanese tornano a ripopolars­i. Fuori dai grandi magazzini si crea qualche piccola coda prima dell’apertura. “È come se avessimo inaugurato un nuovo negozio – spiega il ceo della Rinascente Pierluigi Cocchini – dovevamo riaprire le porte

I bar a Milano

I ristoranti

Abbigliame­nto

Calzature

Parrucchie­ri e ripartire senza dimenticar­e la sicurezza”. Nei camerini si provano i vestiti e quelli che non vanno bene vengono imbustati e sanificati All’ora dell’aperitivo, mentre i pendolari ritornano a casa sui treni, sui Navigli rispuntano i tavolini dei dehor. “Ci siamo dovuti arrangiare noi, se aspettavam­o la Regione, campa cavallo” racconta Alfio che gestisce l’osteria ligure. Non tutti sono riusciti a riaprire oggi. Tanti ombrelloni sono rimasti chiusi limitandos­i all’asporto. In attesa dei turisti e con la speranza che la curva dei contagi non torni a crescere.

Il sindaco Sala “Restano punti dubbi: aree gioco, centri per disabili, mercati aperti La Regione” chiarisca

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Ansa/LaPresse Serrande in alto A lato, la Rinascente di Milano ieri mattina. Sotto, il sindaco Beppe Sala
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