POCHE DOMANDE A GIUSEPPE CONTE
Non siamo tra quelli che tirano per la giacchetta Giuseppe Conte sollecitando questo o quello, ma nel momento in cui entriamo nella terza settimana di rigida quarantena, la più delicata per gli italiani – che non vedono m ig li or am en ti nell’andamento del contagio e non sanno per quanto dovranno ancora tirare il fiato – forse un aggiornamento periodico su ciò che li attende (da parte del premier o di un ministro delegato) sarebbe cosa buona e giusta. Non parliamo dei numeri del flagello, di cui veniamo ( purtroppo) puntualmente informati nelle conferenze pomeridiane della Protezione civile.
Sarebbero sufficienti le risposte ad alcuni quesiti di pura sopravvivenza quotidiana.
Riguardo, prima di tutto, la ulteriore “stretta” reclamata dai governatori del Nord, si vorrebbe capire se essa sarà rigorosamente applicata a tutto il Paese. Oppure, se in base alla mappa de ll ’ epidemia si possa prevedere una gradualità della blindatura, visto che nel centro-sud il contagio sembra meno esteso, a parte alcuni pericolosi focolai. Fermo restando che il restare a casa deve essere per tutti imperativo. O se invece la più contenuta estensione del contagio, diciamo da Roma in giù, è dovuta proprio all’applicazione tassativa e uniforme dei decreti governativi. E quindi a Sassari o a Campobasso se ne facciano una ragione. Indicazioni più precise sarebbero utili anche sul controverso tema delle “passeggiate”, e in generale dell’attività fisica a l l’aperto. Fermo restando che più passano i giorni più restare tappati nelle case (soprattutto se in spazi ridotti) può comportare forme di stress, non sempre dovute a insofferenza e piagnistei vari, è possibile distinguere tra una corsetta solitaria intorno al palazzo e certi raduni olimpionici di massa?