Il Fatto Quotidiano

POCHE DOMANDE A GIUSEPPE CONTE

- ▶ ANTONIO PADELLARO

Non siamo tra quelli che tirano per la giacchetta Giuseppe Conte sollecitan­do questo o quello, ma nel momento in cui entriamo nella terza settimana di rigida quarantena, la più delicata per gli italiani – che non vedono m ig li or am en ti nell’andamento del contagio e non sanno per quanto dovranno ancora tirare il fiato – forse un aggiorname­nto periodico su ciò che li attende (da parte del premier o di un ministro delegato) sarebbe cosa buona e giusta. Non parliamo dei numeri del flagello, di cui veniamo ( purtroppo) puntualmen­te informati nelle conferenze pomeridian­e della Protezione civile.

Sarebbero sufficient­i le risposte ad alcuni quesiti di pura sopravvive­nza quotidiana.

Riguardo, prima di tutto, la ulteriore “stretta” reclamata dai governator­i del Nord, si vorrebbe capire se essa sarà rigorosame­nte applicata a tutto il Paese. Oppure, se in base alla mappa de ll ’ epidemia si possa prevedere una gradualità della blindatura, visto che nel centro-sud il contagio sembra meno esteso, a parte alcuni pericolosi focolai. Fermo restando che il restare a casa deve essere per tutti imperativo. O se invece la più contenuta estensione del contagio, diciamo da Roma in giù, è dovuta proprio all’applicazio­ne tassativa e uniforme dei decreti governativ­i. E quindi a Sassari o a Campobasso se ne facciano una ragione. Indicazion­i più precise sarebbero utili anche sul controvers­o tema delle “passeggiat­e”, e in generale dell’attività fisica a l l’aperto. Fermo restando che più passano i giorni più restare tappati nelle case (soprattutt­o se in spazi ridotti) può comportare forme di stress, non sempre dovute a insofferen­za e piagnistei vari, è possibile distinguer­e tra una corsetta solitaria intorno al palazzo e certi raduni olimpionic­i di massa?

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