La speranza che corre sui social
▶QUANDO
è scoppiata la crisi finanziaria – 9 agosto 2007 – Facebook aveva meno di un miliardo di utenti, Twitter un anno di vita, non c’erano smartphone e i personal computer non riuscivano ad analizzare enormi masse di dati. Volete trovare uno spunto di ottimismo in questi giorni cupi? Guardate cosa succede sui social: economisti, epidemiologi, medici, informatici di tutto il mondo stanno condividendo dati, analisi e proposte in tempo reale. Sono cose che sui giornali non arrivano neppure, perché succedono troppo in fretta, nel giro di pochi minuti o poche ore. Esperti di machine learning e computer science, da qualunque disciplina provengano, stanno condividendo dati per cercare di prevedere l’espansione dell'epidemia e capirne le dinamiche (molti dati sembrano indicare che, al contrario di quanto si pensava poche settimane fa, bisogna fare tamponi di massa). Questa non è una crisi della globalizzazione, ma una crisi globale. Quello che comincia a sembrare incoraggiante è che c’è una risposta globale.
Non sembra una coincidenza il fatto che, con l’eccezione della Bce di Christine Lagarde, in tema di politica economica ci sia una reattività molto maggiore e anche un consenso quasi unanime sulle politiche da adottare. Non era così durante la crisi del 2008 e non c'era l'enorme massa di proposte e analisi in tempo reale che offrono ai decisori politici un prezioso supporto che nessuna burocrazia tradizionale è in grado di offrire. Per molti accademici scrivere tweet o interventi divulgativi è sempre stato uno spreco di tempo sottratto alla ricerca e agli articoli scientifici che garantiscono fama e carriera. Non è più così. Il virus ha bloccato il flusso di merci e persone, ma ha accelerato lo scambio di idee e cambiato gli incentivi, migliaia di esperti stanno per la prima volta mettendo le proprie competenze al servizio del bene comune invece che della propria carriera. Alla prossima crisi saremo molto più preparati e coesi, grazie a questo sforzo corale.