Il Fatto Quotidiano

Camion, corrieri e magazzini di merci Amazon a rischio virus

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Fai- Conftraspo­rto, la più grande associazio­ne imprendito­riale del settore, da giorni chiede di interrompe­re le attività ‘non primarie’. “Finché le imprese restano aperte, gli autotraspo­rtatori non possono rifiutarsi di effettuare il servizio perché rischiereb­bero di perdere le commesse”, ammette il presidente Paolo Uggè. Molti stabilimen­ti si tutelano introducen­do divieti per gli autisti, a cominciare dall’uso dei servizi igienici: “Negli ultimi giorni abbiamo saputo di troppi casi in cui i committent­i si comportano come bestie con i camionisti, dimentican­dosi dei loro bisogni e della loro importanza”, aggiunge Uggè. Sergio Grujic ha sempre fatto la spola tra l’Italia e il resto dell’Ue. Ha appena superato la barriera di Villach, in Austria, dove è stato in coda per ore aspettando gli venisse misurata la temperatur­a. “Ci trattano quasi come appestati, non vogliono nemmeno che usciamo dalla cabina”, racconta. In quel cubo d’acciaio ha passato la maggior parte della sua vita, ma giura di non aver mai visto una situazione del genere. Nel frattempo Unatras, che riunisce alcune tra le maggiori sigle associativ­e dell’autotraspo­rto, ha chiesto al ministro dei Trasporti di poter sforare gli orari di guida perché in questo momento alle frontiere e in alcuni processi di carico e scarico, i tempi di attesa sono molto lunghi. “Ci stanno togliendo la dignità. Se volete le merci, devono essere garantite le giuste condizioni per trasportar­le”, risponde Sergio. Mille chilometri più a sud, Gianni avrebbe potuto spegnere il motore e rimanere a casa con la famiglia, ma “in un momento del genere – dice – non me la sono s en ti ta ”. Da tre settimane fa la spola tra Napoli e le città del nord per rifornire di frutta e verdura i negozi della GDO (Grande distribuzi­one organizzat­a). “Sono tornato a casa due volte, un paio d’ore ciascuna – r acconta –. Ho chiesto alla mia famiglia di stare lontani, in un ’ altra stanza, per non esporli ai rischi a cui mi espongo io a ogni scarico”.

Consegne a casa: l’esercito dei corrieri

In trincea, accanto ai camionisti, continuano a viaggiare anche i corrieri delle consegne a domicilio, tra i più esposti alle infezioni secondo l’Occupation­al Informatio­n N e tw o r k del Dipartimen­to del Lavoro Usa. Donato è un driver della filiera Amazon in Lombardia. Risponde dopo una giornata frenetica passata a bordo del suo furgone: “Sto lavorando molto, ma continuo a pensare che il mio sia un rischio inutile, un servizio non indispensa­bile”. Per lui, quello che sta succedendo è la conferma che Amazon e altre piattaform­e digitali possano continuare a lavorare indisturba­te anche in un contesto di alto rischio, “come se fossero realtà sovra statal i”. Racconta che fortunatam­ente da oggi si fermerà per un po’ ma che l’ansia, anche per i colleghi, resta: “Non riesco ad accettare l’idea che alcuni di noi vengano considerat­i sacrificab­ili”. Andrea invece doveva consegnare 140 colli di Amazon in 93 fermate diverse “a un ritmo molto sostenuto, peggio che a Natale”, ma una crisi di panico ha interrotto la sua corsa con una fermata in un pronto soccorso lombardo. “Volevo già stare a casa, ma con un pa rt- time da 800 euro non avevo ferie né permessi da smaltire”, racconta.

Intanto, negli Stati Uniti, Amazon ha annunciato l’assunzione di 100 mila addetti “per far fronte alle crescenti richieste di consegne a casa per il coronaviru­s” mentre i sindacati di settore Filt Cgil,

Fit Cisl e Uiltraspor­ti denunciano che in Italia il colosso statuniten­se “sta chiedendo ai propri corrieri di acquisire manodopera a tutti i costi, anche senza formazione specifica, e di mantenere e incrementa­re i ritmi di consegna e di predisposi­zione dei p a c c h i ” . Un’accusa non commentata da Amazon Italia, che però conferma un importante aumento negli ordini “assicurand­o il proprio impegno nel garantire il benessere di dipendenti, fornitori e clienti”. Ma tra quarantena e strade vuote, nelle case dello Stivale non arrivano solo i pacchi di Amazon. Renato (nome di fantasia su sua richiesta) distribuis­ce buste e pacchi nel Nord Italia per conto di un corriere internazio­nale. La sua impresa gli ha fornito le mascherine mentre i guanti se li è comprati da solo. “Molti miei colleghi hanno smesso di lavorare – racconta – io, nonostante la paura, continuo, faccio anche consegne urgenti negli ospedali. Se non noi, chi lo fa?”. Ma vorrebbe limitarsi a consegnare le spedizioni importanti.

TIR IN TRINCEA

Il prezzo altissimo della spesa a domicilio

La situazione è tesa anche tra chi lavora nelle consegne di spesa a domicilio, un set

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La grande distribuzi­one ha quintuplic­ato le richieste di consegne
Ansa/LaPresse A casa La grande distribuzi­one ha quintuplic­ato le richieste di consegne

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