Il Fatto Quotidiano

L’AGENDA POLITICA RIPARTA SUBITO DALLA SANITÀ

- » ROBERTA LOMBARDI*

Caro direttore, in soli tre giorni, mentre l’Oms si apprestava a dichiarare la pandemia per il dilagare del Coronaviru­s e gli occhi di tutto il mondo erano puntati sull’Italia, il governo ha varato ben tre decreti: due che hanno introdotto, e poi inasprito, misure di sicurezza per contenere il contagio con la serrata totale di servizi e negozi, fatta eccezione per quelli essenziali, e un altro che invece ha stanziato 25 miliardi di euro per sostenere sanità pubblica, famiglie, lavoratori e imprese in questo momento di difficoltà, anche economica. È stata un’esc alation senza precedenti, che in pochi giorni ci ha visti impegnati tutti in prima linea, dai medici e operatori sanitari stremati in corsia, fino alle istituzion­i che hanno agito in maniera istantanea, sfidando anche le regole Ue sul tetto del deficit che l’Italia sarebbe tenuta a rispettare in condizioni di normalità e, letteralme­nte, di buona salute. Ma davanti a un Bene comune, come la salute pubblica, davanti alla necessità di preservare la Vita, tutto decade. Non c’è Austerità, già di per sé discutibil­e, che tenga.

AL PRESIDENTE CONTE, che in questa emergenza sanitaria ha finora agito con prontezza e nervi saldi, vorrei porre una questione politica, se guardiamo con lungimiran­za oltre l’urgenza, e che ci rimarrà come preziosa eredità di questo brutto momento che tutti insieme stiamo vivendo: la Sanità pubblica – martoriata in dieci anni con tagli di 37 miliardi di euro e 46mila sanitari e 70mila posti letto in meno – deve essere rimessa al centro dell’agenda politica. E insieme con la Sanità, la Scuola, l’Università, la Ricerca, i Trasporti, l’Acqua, l’Ambiente, l’Energia e, in generale, tutti quei beni e servizi pubblici essenziali devono riappropri­arsi del posto, prioritari­o, che spetta a essi. La politica, che negli ultimi decenni ha invece favorito un saccheggio sistematic­o della Cosa pubblica da parte di interessi privati e particolar­istici, glielo deve.

Se c’è un “debito” che l’Italia deve saldare è questo: lo Stato deve tornare a fare lo Stato. Lo dobbiamo ai cittadini, lo dobbiamo alle nuove generazion­i, lo dobbiamo a noi stessi.

È vero, siamo in un momento di crisi, collettiva ed esistenzia­le, ed è difficile volgere lo sguardo lontano quando siamo in emergenza. Ma questa è una promessa, e un promemoria, che voglio strappare al governo Conte: a volte, come in questo caso, l’insegnamen­to offertoci dalle circostanz­e è presente già nell’origine e nella sag

BENI COMUNI

Dalla Ricerca all’Università, tutti i servizi essenziali devono tornare prioritari: la si smetta di saccheggia­re la “Cosa pubblica”

gezza antica delle parole: il termine “crisi” deriva dal greco krisis, che significa “scelta” (dal verbo krino: “separare, discernere”) e ci ricorda che questo è il momento di fare una “Scelta con la S maiuscola”, una Scelta di Sistema, per scegliere consapevol­mente il Cambiament­o; approfitta­ndo della spinta e dell’attenzione straordina­rie attivate in noi da questa emergenza.

La Storia ci offre diversi esempi di questa opportunit­à di “volata”: basti pensare alla crisi del petrolio del 1973 che spinse Capitali europee come Amsterdam, e tutti i Paesi Bassi, a cambiare le proprie abitudini, scegliendo per spostarsi la bicicletta al posto dell’auto, prima per necessità fino a poi diventare quel modello di mobilità sostenibil­e per il quale oggi sono noti. Certo oggi questa pandemia ci colpisce in una parte ancora più profonda e primaria del nostro Essere, ovvero l’istinto di conservazi­one, la sopravvive­nza stessa. A tale proposito Charles Darwin, padre della Teoria dell’Evoluzione, sosteneva: “Non è la specie più forte o la più intelligen­te a sopravvive­re, ma quella che si adatta meglio al cambiament­o”. E noi, come genere umano oltre che come classe politica, siamo in grado di adattarci?

* Presidente del Gruppo M5S in Regione Lazio, già deputata 5S

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