L’AGENDA POLITICA RIPARTA SUBITO DALLA SANITÀ
Caro direttore, in soli tre giorni, mentre l’Oms si apprestava a dichiarare la pandemia per il dilagare del Coronavirus e gli occhi di tutto il mondo erano puntati sull’Italia, il governo ha varato ben tre decreti: due che hanno introdotto, e poi inasprito, misure di sicurezza per contenere il contagio con la serrata totale di servizi e negozi, fatta eccezione per quelli essenziali, e un altro che invece ha stanziato 25 miliardi di euro per sostenere sanità pubblica, famiglie, lavoratori e imprese in questo momento di difficoltà, anche economica. È stata un’esc alation senza precedenti, che in pochi giorni ci ha visti impegnati tutti in prima linea, dai medici e operatori sanitari stremati in corsia, fino alle istituzioni che hanno agito in maniera istantanea, sfidando anche le regole Ue sul tetto del deficit che l’Italia sarebbe tenuta a rispettare in condizioni di normalità e, letteralmente, di buona salute. Ma davanti a un Bene comune, come la salute pubblica, davanti alla necessità di preservare la Vita, tutto decade. Non c’è Austerità, già di per sé discutibile, che tenga.
AL PRESIDENTE CONTE, che in questa emergenza sanitaria ha finora agito con prontezza e nervi saldi, vorrei porre una questione politica, se guardiamo con lungimiranza oltre l’urgenza, e che ci rimarrà come preziosa eredità di questo brutto momento che tutti insieme stiamo vivendo: la Sanità pubblica – martoriata in dieci anni con tagli di 37 miliardi di euro e 46mila sanitari e 70mila posti letto in meno – deve essere rimessa al centro dell’agenda politica. E insieme con la Sanità, la Scuola, l’Università, la Ricerca, i Trasporti, l’Acqua, l’Ambiente, l’Energia e, in generale, tutti quei beni e servizi pubblici essenziali devono riappropriarsi del posto, prioritario, che spetta a essi. La politica, che negli ultimi decenni ha invece favorito un saccheggio sistematico della Cosa pubblica da parte di interessi privati e particolaristici, glielo deve.
Se c’è un “debito” che l’Italia deve saldare è questo: lo Stato deve tornare a fare lo Stato. Lo dobbiamo ai cittadini, lo dobbiamo alle nuove generazioni, lo dobbiamo a noi stessi.
È vero, siamo in un momento di crisi, collettiva ed esistenziale, ed è difficile volgere lo sguardo lontano quando siamo in emergenza. Ma questa è una promessa, e un promemoria, che voglio strappare al governo Conte: a volte, come in questo caso, l’insegnamento offertoci dalle circostanze è presente già nell’origine e nella sag
BENI COMUNI
Dalla Ricerca all’Università, tutti i servizi essenziali devono tornare prioritari: la si smetta di saccheggiare la “Cosa pubblica”
gezza antica delle parole: il termine “crisi” deriva dal greco krisis, che significa “scelta” (dal verbo krino: “separare, discernere”) e ci ricorda che questo è il momento di fare una “Scelta con la S maiuscola”, una Scelta di Sistema, per scegliere consapevolmente il Cambiamento; approfittando della spinta e dell’attenzione straordinarie attivate in noi da questa emergenza.
La Storia ci offre diversi esempi di questa opportunità di “volata”: basti pensare alla crisi del petrolio del 1973 che spinse Capitali europee come Amsterdam, e tutti i Paesi Bassi, a cambiare le proprie abitudini, scegliendo per spostarsi la bicicletta al posto dell’auto, prima per necessità fino a poi diventare quel modello di mobilità sostenibile per il quale oggi sono noti. Certo oggi questa pandemia ci colpisce in una parte ancora più profonda e primaria del nostro Essere, ovvero l’istinto di conservazione, la sopravvivenza stessa. A tale proposito Charles Darwin, padre della Teoria dell’Evoluzione, sosteneva: “Non è la specie più forte o la più intelligente a sopravvivere, ma quella che si adatta meglio al cambiamento”. E noi, come genere umano oltre che come classe politica, siamo in grado di adattarci?
* Presidente del Gruppo M5S in Regione Lazio, già deputata 5S