Il Fatto Quotidiano

Dati digitali, guerra e spie negli oceani

Il 97% delle trasmissio­ni passa attraverso cavi posati in mare. Ogni anno si verificano 100 rotture, a volte dolose. E girano sottomarin­i russi e statuniten­si capaci di intercetta­re le informazio­ni

- » NICOLA BORZI

La domanda globale di trasmissio­ne dei dati digitali sta esplodendo, con ulteriori previsioni di enorme crescita nei prossimi anni grazie all’avvento degli standard di telecomuni­cazione 5G. A differenza di quanto pensano molti, però, la stragrande parte dei dati non viaggia via satellite ma su cavo: il 97% delle trasmissio­ni dati internazio­nali segue una fittissima rete di fibre ottiche posate sul fondo dei sette mari. Secondo le ultime statistich­e, sono 378 cavi che raggiungon­o ormai una lunghezza complessiv­a di oltre 1,4 milioni di chilometri, 35 volte il giro del mondo. La storia di questa rete è iniziata 170 anni fa quando il primo cavo sottomarin­o per le comunicazi­oni, all’epoca telegrafic­he, fu posato nel Canale della Manica. Nel 1866 il primo cavo sottomarin­o transatlan­tico collegò l’isola irlandese di Valentia con Heart’s Content, nella provincia canadese di Terranova. Questa rete strategica di infrastrut­ture critiche è sempre più sotto la lente dello spionaggio internazio­nale.

DAL 1990 al 2019 nella rete globale di cavi sottomarin­i per telecomuni­cazioni sono stati investiti 50 miliardi di dollari. Dal 2015 il settore ha assorbito quasi 8,5 miliardi di dollari, pari a 1,7 miliardi e altri 56.400 chilometri di rete l’anno. Il mercato mondiale da cinque anni è dominato dal quadrante Asia-Pacifico, al quale sono andati il 23% degli investimen­ti globali, seguito con una quota del 17% ciascuno dalle aree Oceano Indiano - Asia orientale ed Europa Medio Oriente Africa, poi con il 16% dai cavi tra le due sponde dell’Oceano Pacifico. Alle Americhe è andato “solo” il 14% degli investimen­ti mondiali, il 12% alle reti transatlan­tiche e l’1% comincia a essere investito nei cavi che passano per le aree polari. La capacità media del nuovo sistema negli ultimi cinque anni è aumentata del 37%. Da una media di poco più di 31 Terabit al secondo ( Tbps) nel 2014, i nuovi sistemi ora raggiungon­o una media di 42,5 Tbps. Si stima che la capacità globale aumenterà del 79% entro la fine del 2022 e che nei prossimi due anni i sistemi supererann­o i 100 Terabit al secondo.

Secondo il rapporto annuale del Submarine Telecoms Forum, però, stanno emergendo due fenomeni nuovi che tengono banco tra gli esperti del settore e nelle relazioni internazio­nali. Il primo riguarda l’ingresso diretto dei grandi operatori digitali Facebook, Google, Microsoft e Amazon. Sino a qualche anno fa, i cosiddetti over the top, cioè i colossi dell’economia digitale, pagavano pesanti canoni ai proprietar­i dei cavi (sia imprese private che consorzi, spesso finanziati) per acquistare capacità di banda. Oltre il 90% dell’investimen­to mondiale nelle reti di cavi sottomarin­i realizzato da fine anni ‘80 a oggi è stato finanziato da consorzi privati, mentre da singole società e da istituti finanziari multilater­ali di sviluppo, come la Banca mondiale, è arrivato il restante 10% degli investimen­ti totali. Da qualche anno invece i giganti della data economy investono direttamen­te per posare cavi propri: nel biennio 2016- 2018 gli over the top hanno finanziato in proprio il 31% dei nuovi collegamen­ti.

Ma nel settore emerge con forza sempre maggiore il tema strategico della sicurezza. Ogni anno nel mondo si contano in media più di 100 rotture di cavi sottomarin­i, la maggior parte delle quali causate involontar­iamente da attività umane come la posa di ancore o la pesca. Ma ci sono anche casi di rotture dolose.

Naturalmen­te, proteggere i cavi diventa ancora più importante quando la resilienza e la ridondanza del sistema sono basse e i Paesi o le isole sono collegati solo attraverso uno o due cavi. Secondo un recente studio del Ccdcoe, il centro d’eccellenza cooperativ­o per la difesa digitale della Nato, però, il problema è diventato quello della sicurezza fisica e digitale delle reti sottomarin­e. In caso di conflitto eventuali rotture intenziona­li dei cavi come forma d’attacco potrebbero bloccare l’economia mondiale.

MA C’È ANCHE lo spionaggio. Secondo la Nato esistono sottomarin­i appositame­nte equipaggia­ti e anche sommergibi­li che operano da navi madre come la russa Yantar, un battello per scopi speciali costruito come nave oceanograf­ica ma in realtà capace di gestire la raccolta di informazio­ni. Sono sistemi di intelligen­ce in grado di accedere ai dati che transitano sui cavi in fibra ottica senza danneggiar­li, capaci di ascoltare, confondere ed eventualme­nte anche alterare le comunicazi­oni. Come segnalato dal New York Times nel 2015, la Yantar è stata avvistata al largo della costa Usa e poi davanti a Guantanamo, Cuba. Negli anni seguenti la nave russa ha navigato vicino alla Groenlandi­a, nel Mediterran­eo orientale lungo un cavo che collega Israele e Cipro, al largo della costa siriana e infine, a novembre scorso, nel mare caraibico di Trinidad e Tobago.

D’ALTRONDE gli Usa la sanno lunga sullo spionaggio sottomarin­o. Nell’ottobre 1971 il sommergibi­le americano Halibut fu impegnato nella missione supersegre­ta Ivy Bells nel mare di Ochotsk a nord del Giappone: trovò un cavo usato dalle forze armate sovietiche e ne captò le trasmissio­ni. Nel 2005 la Marina degli Stati Uniti ha varato il sottomarin­o Jimmy Carter capace di spiare le comunicazi­oni sottomarin­e via cavo. Secondo Edward Snowden, il whistleblo­wer ex dipendente della National Security Agency americana, i servizi segreti britannici e Usa intercetta­no i cavi in fibra ottica.

Ma il nuovo fronte caldo è tra Usa e Cina. Il Team Telecom, un’unità di sicurezza interforze Usa vigila sui cavi sottomarin­i con gli Stati Uniti, che vengono autorizzat­i se le compagnie che li gestiscono firmano accordi di sicurezza della rete che prevedono ispezioni. Ad esempio nel 2017 il Team Telecom ha dato il via libera al cavo New Cross Pacific (Ncp) che collega direttamen­te Cina e Stati Uniti, nonostante sia in parte di proprietà di China Mobile. Ma nei giorni scorsi Google e Facebook hanno abbandonat­o il progetto del cavo sottomarin­o lungo 13mila chilometri Plcn, annunciato nel 2017 per collegare direttamen­te Hong Kong agli Usa, che doveva entrare in funzione nell’estate del 2018 con 120 Terabit al secondo. Lo scontro Usa-Cina ha fermato tutto.

GLI “OVER THE TOP”

Ora i big come Facebook, Google, Microsoft e Amazon investono nelle trasmissio­ni in fibra sotto gli oceani

LE GRANDI POTENZE IN ASCOLTO

La nave Yantar di Mosca avvistata nelle acque tra Israele e Cipro. Ma il nuovo fronte caldo è tra Usa e Cina

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy