Chiude lo store di Sex and the City: “Diffidate dei pauperisti”
La notizia è rimbalzata su questa sponda dell’Atlantico: il mitico store newyorchese di Manolo Blahnik celebrato da Sex and the City chiude i battenti. Sì, quello delle de colleté costosissime dai tacchi vertiginosi, da indossare rigorosamente senza calze, perché la donna di classe sopporta il freddo con lo stesso stoicismo con cui rinuncia ai carboidrati. Qualche anno fa ne sarei stata felice: evviva, la Grande Mela si converte alla neo- frugalità, voglio vedere Carrie Bradshaw in Birkenstock. E invece no. Il pauperismo mi ha rotto, ho imparato a diffidare di chi predica la morigeratezza. Nella storia, da Catone a Cromwell passando per Savonarola, nei falò delle vanità non finivano solo abiti e scarpe civettuole, ma anche libri «licenziosi» (in primis le poesie d’amore) e opere d’arte (molti quadri di Botticelli bruciarono nel rogo fiorentino). Le leggi contro il lusso erano in realtà contro le donne, che non potendo gestire denaro e terreni in proprio, la ricchezza la indossavano sotto forma di gioielli e tessuti. Lusso e lussuria sono parenti, indicano un surplus di piacere del corpo, che gode di altri corpi o della vista con begli oggetti. Odiare la luxury non significa combattere per la giustizia sociale, ma spesso crogiolarsi nell’invidia sociale. Per restare a NY, Alexandria Ocasio- Cortez, la deputata del Bronx, speranza della sinistra, sfoggia completini da migliaia di dollari che abbina, udite udite, agli stilettos di Manolo. “Tutta roba prestata” ha ribattuto lei, che si dichiara fan dei mercatini dell’ usato. Mail messaggio è chiaro: l’abito non fa l’Ivanka Trump, contano la grinta e le idee. E allora quasi quasi mi rassicurano le voci secondo cui dietro la chiusura di Manolo a Manhattan c’è solo il progetto di trasferire lo store in un altro quartiere. Magari proprio nel Bronx, la culla di Ocasio-Cortez. Colei che porterà il tacco al cuore dello Stato.