Il Fatto Quotidiano

Il 2018, quando il Parlamento fu umiliato (mica come ora)

- » MARCO PALOMBI

Un anno fa di questi tempi c’era un grosso allarme sui giornali e nell’allora opposizion­e. La legge di Bilancio, riscritta a Bruxelles dopo la vana resistenza dei gialloverd­i, era infatti arrivata in Parlamento proprio in questi giorni: “È la prima manovra extraparla­mentare nella storia della Repubblica”, sosteneva non senza ragioni (e non senza ipocrisia) il capogruppo Pd in Senato, Andrea Marcucci. Gli alti lai dei meglio commentato­ri fecero coro: le Camere umiliate di qua, le Camere umiliate di là, la Costituzio­ne, la Resistenza e tutto il resto appresso. Tutto giusto, tutto vero, anche se – ci pare di ricordare – certe magagne nel triangolo governo-Ue-Parlamento erano più antiche del dicembre 2018. Un anno dopo, invece, c’è solo silenzio. E dire che la legge di Bilancio, scritta preventiva­mente a Bruxelles e riscritta nelle parti meno rilevanti in una stanzetta da maggioranz­a e governo venerdì sera, approderà nell’aula del Senato solo domani (forse) per un via libera col voto di fiducia in 24 ore e questo senza che Palazzo Madama, in oltre un mese, sia riuscita a votarla in commission­e. Alla Camera, a quanto pare, avranno invece una decina di giorni per guardare la manovra e farci sopra due chiacchier­e, ma senza cambiarla, onde evitare un altro passaggio sotto le feste in Senato, luogo in cui – visti i numeri – ogni pulce può sentirsi leone. Sicuri che stavolta nessun sincero democratic­o voglia scrivere due parole su una Repubblica parlamenta­re in cui un ramo del Parlamento non può neanche approvare emendament­i?

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