Il Fatto Quotidiano

Lo champagne di Stalin per stare al passo col mondo

1936 Con il Terrore parte anche la produzione dello spumante: “Per dire che gli operai vivevano come gli aristocrat­ici occidental­i”

- » MASSIMO NOVELLI

NBRINDISI NAZISTA Quando il 23 agosto 1939 fu firmato il patto di non aggression­e fra Hitler e l’Urss, a Mosca si brindò con la vodka e con lo champagne dolce di Stalin ella storia dell’Unione Sovietica comunista, il 1936 è ricordato come l’anno in cui iniziò il primo dei processi voluti da Iosif Stalin per annientare gli oppositori e la vecchia guardia bolscevica. Si tenne a Mosca, nella Casa dei Sindacati, dal 19 al 28 agosto; tra i 16 imputati, tutti condannati a morte, c’erano Kamenev e Zinov’ev. Il 1936, tuttavia, non sancì solo l’inizio del Grande Terrore e la promulgazi­one della nuova Costituzio­ne. Fu nell’estate del ’36 (l’anno che segnò la fine dalla carestia e l’azzerramen­to della disoccupaz­ione nel Paese) che Stalin decise di produrre in massa lo champagne sovietico, il “Sovetskoe šampanskoe”. Secondo il sociologo finlandese Jukka Gronow, autore del saggio Caviar with Champagne: Common Luxury and the Ideas of Good Life in Stalins Russia, l’idea del dittatore georgiano era “di rendere cose come lo champagne, la cioccolata e il caviale disponibil­i a prezzi più bassi, per poter dire che il lavoratore sovietico viveva come gli aristocrat­ici del vecchio mondo”.

LE VITTIME delle purghe staliniste, però, avrebbero ricordato con orrore quel vino, dato che al momento del loro arresto, a quanto pare, venivano caricate su furgoni della polizia sulle cui fiancate era pubblicizz­ato lo “Sovetskoe šampanskoe”. Tre anni dopo, quando il 23 agosto del 1939 venne firmato il patto di non aggression­e fra la Germania nazista e l’Urss, a Mosca si brindò con la vodka e con lo champagne dolce di Stalin. Era “un vino frizzante, sciropposo e a buon mercato” che, con ogni probabilit­à, non piacque a Joachim von Ribbentrop. Il ministro degli Esteri di Hitler, prima di aderire al nazismo si era occupato con successo di importazio­ne di champagne, ma di quello vero, dalla Francia. Resta il fatto che Stalin, come scrisse Trotskij, anche con il suo champagne dolciastro “per completare l’a bbandono della politica d’alleanza con le socialdemo­crazie, striscia bassamente, in maniera umiliante, di fronte a Hitler e si appresta a pulirgli gli stivali con zelo”.

Lo champagne di Stalin, in prevalenza della Crimea, innaffiò i banchetti al consolato generale sovietico di Barcellona, durante la guerra civile 1936–39. Narra Alain Brossat nel libro Agenti di Mosca. Lo stalinismo e la sua ombra che Moritz Bressler, alias Hubert von Ranke, definito dagli storici “uno degli agenti più ignobili della Gpu” (la polizia segreta sovietica), nella primavera del ’37 venne invitato a un pranzo nella legazione dell’Urss, a base di “asparagi e champagme di Crimea”, In quella villa, dirà von Ranke, “ci si sentiva a leghe e leghe di distanza dalla guerra e dalla rivoluzion­e”. Bressler-von Ranke, in ogni caso, magari per avere bevuto troppo champagne sciropposo, decise, di lì a poco, di troncare i suoi rapporti con gli sgherri di Stalin e si rifugiò in Francia, vivendo in clandestin­ità e partecipan­do poi alla Resistenza.

LUSSO PER LE MASSE

Il vino maturava solo 25 giorni, per coprire l’acidità venne aggiunto lo zucchero Viene ancora imbottigli­ato

ANCHE LA NASCITA d el lo “Sovetskoe šampanskoe” è passata alla storia assieme alle fosche vicende sovietiche del ’36. Il 28 luglio di quell’anno, ha rievocato Lettera 43-Rivista Studio, “in una riunione del Pcus fu deliberata una risoluzion­e che impegnava il governo sulla produzione di uno champagne che fosse sovietico. L’idea venne appunto direttamen­te da Stalin, nato nella Repubblica democratic­a della Georgia, la culla più antica al mondo della cultura vinicola”. “Lo champagne”, affermò Baffone, “è un importante segno di benessere”. Perciò, “il governo sovietico avviò un piano per la realizzazi­one di nuovi vigneti, fabbriche e magazzini, nonché il reclutamen­to e la formazione di migliaia di nuovi lavoratori”. Dopo vari esperiment­i, continua Lettera 43, “si optò per una miscela di uva Aligoté e Chardonnay, e per una tecnologia che prevedeva un processo di maturazion­e di appena 25 giorni, rispondend­o così solo all’esigenza di dare uno spumante alle masse, ma non di produrre una bevanda di qualità”. Per nascondern­e “l’acidità il sapore venne ulteriorme­nte alterato, aggiungend­ovi lo zucchero”.

A LAVORARE alla nascita dello champagne comunista era Anton Frolov- Bagreev, ex produttore di vini che riceverà il Premio Stalin. La ricerca, rammenta il sito online CiaoItalia­Russia, lo portò “all’utilizzo di attrezzatu­re del metodo Martinotti-Sharma, tecnologia di vini spumanti già adoperata in Italia”. Nel ’37, a ogni modo, “dalla catena di montaggio uscì la prima bottiglia di spumante sotto il nuovo marchio ‘ Champagne sovietico’”. Scrive il sociologo Gronow: “Nonostante il gusto e il fatto che rimase troppo costoso per il consumo quotidiano, divenne simbolo di tutte le celebrazio­ni sovieti

RÉCLAME DI REGIME

I dissidenti venivano caricati su furgoni della polizia sulle cui fiancate era pubblicizz­ato lo “Sovetskoe šampanskoe”

L’idea fu del dittatore, nato nella Repubblica democratic­a della Georgia, la culla più antica al mondo della cultura vinicola

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