Caro Fini, Hegel non era affatto un illuminista
Ho letto con attenzione la risposta di Massimo Fini (sul Fatto del 29 novembre) a una mia obiezione critica. L’autore di La ragione aveva torto? scrive con stile, ma oggi per amore della verità gli contesto alcuni punti:
1. ANZITUTTO la sua convinzione che “morto il pensiero aristotelico è stato sostituito da quello illuminista di cui Kant e
Hegel sono i principali esponenti”. L’obiezione ha un fondamento testuale: le opere di Hegel – dalla Fenomenologia dello spirito alla Scienza della logica– sono un duro attacco al pensiero illuminista, le critiche a Kant sono celebri e tutti i manuali di filosofia indicano l’idealismo hegeliano come antitesi dell’Illuminismo. Mi sembrano argomenti forti.
2. Fini arruola Hegel tra gli illuministi affermando: “Ho interpretato l’Illuminismo come un progressismo. E nel progressismo stanno sia Kant che Hegel”. Come dire: uno dei cento aspetti dell’Illuminismo è il progressismo; Kant e Hegel credono nel progresso; entrambi sono illuministi. Non va bene. C’è un salto logico pazzesco in questa lettura. Il progressismo non racchiude in sé la complessità dell’Illuminismo (il fatto che Adorno e Horkheimer abbiano parlato di Illuminismo “nel senso più ampio di pensiero in continuo progresso” non fa di Hegel un filosofo illuminista): la filosofia nasce, opera e vive nel linguaggio, è bene tenere distinti i termini. Di più: a) Hegel critica il carattere astratto della razionalità illuministica, “l’intelletto astratto gonfio del suo dover essere” che pretende di dare lezione alla Storia stabilendo come essa dovrebbe essere ( Enciclopedia); b) Il criticismo di Kant “è filosofia del finito, ermeneutica della finitudine”; Hegel è, invece, filosofo dell’infinito, “cadono le barriere tra soggetto e oggetto” e parla di “conoscenza della realtà nella sua assolutezza”.
Infine, Fini afferma di aver sempre pensato “che Hegel fosse un perfetto imbecille o un pazzo”. Poveri lettori di Hegel, dunque, che si sono confrontati seriamente (anche da posizioni critiche) col suo pensiero, da Cacciari a Severino; e miseri quanti l’hanno studiato per anni (trascuro i classici Hyppolite e Kojève): Bodei, Sistema ed epoca in Hegel; Bloch, Soggetto-Oggetto. Commento a Hegel; Bobbio, Studi hegeliani . Tra gli studiosi del filosofo tedesco, inoltre, c’è Salvatore Veca curatore dell’ottimo Hegel e l’economia politica. Posso sbagliarmi ma Veca, che ha scritto la presentazione a La modernità di un antimoderno (Marsilio) di Fini, non approverebbe la frase sulle capacità intellettive del filosofo idealista. Intendiamoci, Veca apprezza il lavoro dell’“inviato” Fini – “che scrive un reportage antilluministico sulla Modernità” –, ne coglie il desiderio di verità e la solitudine metafisica e sociale. Scelta. Voluta. Ma aggiunge: “Le sue ragioni possono sollevare confutazioni nello spazio pubblico del libero confronto delle idee”. È quel che sto facendo, suggerendo una più attenta lettura dell’Illuminismo (e una netta distinzione tra Kant e Hegel).
Tema complesso la filosofia dei Lumi. Foucault in Che cos’è l’Illuminismo? (che riprende nel titolo un celebre testo di Kant) riconosce che la Scuola di Francoforte ha posto una serie di problemi, tra i quali quello di una ragione che si trasforma in strumento di dominio autoritario. In questo contesto colloco la critica della modernità di Fini: ci sono pagine lucide e intuizioni interessanti nei suoi libri, e invito a leggerli. Spesso condivido (quando si sente “l’eco de L’uomo in rivolta di Camus”); a volte no quando eccede nella volontà dissacratrice – “Hegel, un imbecille” –; ma Massimo Fini è fatto così, il suo “è” “il pensiero di un Ribelle” che ama le affermazioni paradossali. Ne prendo atto e continuo a volergli bene.