Intercettazioni col bavaglio: o modifiche o nuovo rinvio
LO SCOOP DEL “FATTO” Attesa la risposta di Bonafede ai pm
La norma fatta quando in via Arenula c’era il pd Andrea Orlando entrerà in vigore il primo gennaio. Le Procure hanno scritto preoccupate all’attuale ministro
Èla settimana che comincia domani quella che costringerà il governo a mettere mano a un’altra spina nel fianco finora evitata come la peste: la riforma “bavaglio” delle intercettazioni targata Orlando, mai entrata in vigore. Accadrà a gennaio.
Sul tavolo del ministro Alfonso Bonafede, infatti, ci sarà la lettera dei principali procuratori che esprimono preoccupazione per l’avvio del nuovo regime senza una norma transitoria. Un vero guaio per le indagini in corso, altro che “disastro” per la nuova prescrizione.
Finora, la riforma delle intercettazioni è stata bloccata da tre proroghe, sempre per volere di Bonafede. L’ultima, ad agosto, scade tra pochissimo, il 31 dicembre. Ma non si può certo ignorare l’allarme dei procuratori di Milano Francesco Greco, di Firenze Giuseppe Creazzo, di Napoli Giovanni Melillo, di Palermo Franco Lo Voi e del facente funzioni a Roma, Michele Prestipino. Il governo, dunque, dovrà affrontare una delle mine vaganti per la maggioranza giallorosa.
I PROCURATORI, nella lettera destinata al ministro chiedono di sapere quale norma si debba applicare da gennaio per le intercettazioni già in corso e per quelle nuove ma che saranno effettuate in indagini già avviate. In merito alle preoccupazioni dei procuratori, anticipate dal Fatto, ambienti del Pd vicini ad Andrea Orlando ribattono che bisogna chiedersi perché il ministro Bonafede finora non abbia fatto nulla. Domanda retorica, dato che anche per il Pd è chiaro che Bonafede non ha fatto nulla perché quella riforma non l’ha mai digerita. D’altronde, il suo primo atto da ministro della Giustizia del Conte 1, a luglio 2018, fu quello di bloccare la riforma intercettazioni. E non è un mistero che volesse riscrivere la normativa. Prima, però, aveva la zavorra della Lega, che la legge bavaglio l’ha sempre voluta e ora deve vedersela con il Pd e il suo vicesegretario, padre di quella riforma che, in assenza di una quarta proroga, andrà in vigore dal primo gennaio. Anche se Bonafede potrebbe trovarsi faccia a faccia non più con Orlando ma con il futuro responsabile Giustizia del Pd, che potrebbe essere Walter Verini.
La lettera dei procuratori, che porrà anche il problema dell’assenza di strumenti necessari col nuovo regime, sarà per Bonafede una carta da giocare, al di là delle intenzioni dei magistrati, per proporre ai dem un altro differimento prima di fine anno. Il Pd non vuole alzare un muro, assicurano esponenti democratici, ma a patto che ci sia “un riconoscimento di inadempienza” di Bonafede: una sorta di mea culpa per non aver fatto che semplici differimenti. Quindi un’eventuale altra proroga dovrà essere accompagnata da una dichiarazione di intenti. Cioè Bonafede, filtra dal Pd, dovrà dire chiaramente cosa vuole buttare e cosa tenere.
E allora, con l’anno nuovo, lo scontro è assicurato perché in via Arenula si pensa di neutralizzare due punti cruciali. Il primo è quello che dà alla polizia giudiziaria, cioè a uomini legati gerarchicamente all’esecutivo, anziché al pubblico ministero, indipendente dal governo, il potere di giudicare la rilevanza penale delle intercettazioni da riassumere nel brogliaccio (il riassunto per il magistrato) e l’irrilevanza delle altre , di cui potrà indicare soltanto la data e l’ora, e non più la sintesi del contenuto. Le intercettazioni irrilevanti finirebbero chiuse in archivi segreti sotto responsabilità dei pm. Gli avvocati difensori, alla ricerca di prove a discolpa di un cliente indagato o imputato, potranno solo ascoltarle, senza farne copia e neppure prendere appunti. Un lavoro immane, costoso, che solo gli abbienti sotto inchiesta potranno garantirsi. Altro punto, questo della compressione del diritto alla difesa, che Bonafede vorrebbe cancellare.
POCO PRIMA che la riforma fosse approvata, accadde quello che non era mai successo: i pubblici ministeri e gli avvocati penalisti si ritrovarono fianco a fianco contro quella riforma. Gli uni soprattutto preoccupati per la sorte delle indagini, in particolare di mafia e corruzione, per le quali le intercettazioni sono fondamentali, gli altri, per il diritto negato alla difesa. Per non parlare dei giornalisti, da sempre contrari a tutti i tentativi di vari governi di mettere il bavaglio col pretesto della privacy. In realtà, le intercettazioni che finirebbero in una cassaforte potrebbero essere irrilevanti penalmente ma socialmente, politicamente, assai rilevanti per il diritto all’informazione. E, dal punto di vista dei pm e degli avvocati, quelle che all’inizio appaiono ininfluenti possono rivelarsi in seguito fondamentali per provare la colpevolezza o l’i nn o c en z a degli indagati.
La lettera
I capi delle Procure delle principali città chiedono al governo norme transitorie