Mose, la nuova mangiatoia sono le manutenzioni d’oro
Il grande affare della manutenzione. “Uno degli emendamenti che depositeremo alla manovra prevede i 100 milioni che sono i costi di gestione annua di manutenzione del Mose per i prossimi 3 anni”.
“Uno degli emendamenti che depositeremo alla manovra prevede i 100 milioni di euro che sono i costi di gestione annua di manutenzione delle barriere anti-alluvione per i prossimi tre anni”. Poche ore dopo la notte di paura del 12 novembre, quando a Venezia fu raggiunta la seconda alta marea di sempre con 187 centimetri, il segretario leghista Matteo Salvini diede l'annuncio in conferenza stampa. Un po' enfatico, sull'onda dell'emozione, ma significativo. Per la prima volta un uomo di governo, seppur non più in sella, ha formalizzato la cifra che servirà per far funzionare le dighe mobili. E nessuno lo ha smentito, anche perché in realtà la cifra vera non la conosce nessuno. Nello stesso giorno, il 13 novembre, nella sede della Protezione civile a Mestre, sia il governatore Luca Zaia sia il sindaco Luigi Brugnaro hanno accusato il Consorzio Venezia Nuova di aver tenuto le amministrazioni locali all'oscuro dell'iter dell'opera. E hanno chiesto: “Vogliamo un ruolo nella fase di manutenzione, che non può prescindere dal territorio”.
Adesso che tutti dicono di volerlo finire, in Laguna è partito l'assalto alla diligenza del Mose. Perché mantenerlo in funzione costerà un sacco di soldi e la partita che si giocherà, ora che il governo ha nominato il super commissario Elisabetta Spitz, sarà molto impegnativa. Prima dell'arresto, l'ingegnere Giovanni Mazzacurati, il padre del Mose, aveva confidato che quella sarebbe stata la fonte di nuovi guadagni. La “cricca” pensava di non dover mai andare in pensione. Lui è morto prima.
Ma quanto costerà davvero? La risposta non è facile perché il progetto generale da quasi 6 miliardi non ha ancora un piano di manutenzione. “Il progetto è stato scomposto e codificato secondo una Work Breakdown
Structure (WBS) e ogni WBS risulta suddivisa in diverse Work Breakdown
Element (WBE), ovvero più unità elementari di struttura”. Esistono singoli piani di manutenzione per ogni unità, ma solo “dalla conclusione dei lavori al completamento dell'intera WBS”. E questi piani prevedono un costo dello 0,2 per cento, ma limitato all'analisi finale demandata al Piano generale di manutenzione a fine lavori. Che è un libro tutto da scrivere. Così hanno comunicato Francesco Ossola e Giuseppe Fiengo, amministratori straordinari del Consorzio Venezia Nuova, all'onorevole Giuseppe L'Abbate del Movimento 5 Stelle che prima di diventare sottosegretario aveva chiesto un accesso agli atti. “È una grave anomalia poiché ogni opera pubblica viene realizzata sulla base di un progetto accompagnato da un Piano di Manutenzione”, commenta.
Il progetto di massima di manutenzione delle opere mobili, nel 1992, aveva paragonato i costi (05-0,6 per cento) a quelli della diga sulla Schelda in Olanda, ma realizzata senza permanenza delle paratoie nell'acqua, se non quando era necessario. Il Mose è sempre sott'acqua e la conseguenza è l'erosione feroce dei materiali. Lo 0,6 per cento, sulla base dei primi progetti del Mose (costo ipotizzato: 710 miliardi di lire nel 1982), avrebbe portato a un costo annuo di neppure 5 miliardi di lire. Niente, rispetto alla realtà, visto che il costo è stato moltiplicato di 17 volte. Ma anche nella peggiore delle ipotesi si sarebbe arrivati a qualche decina di milioni di euro l'anno. Invece siamo, stando a Salvini, a quota 100 milioni. L'Abbate: “In questo caso l'incidenza percentuale del costo di manutenzione dell'1,66 per cento è quasi tripla dell’iniziale 0,6”.
Lo schema del piano complessivo di manutenzione non è mai stato contestato. Tantomeno dai collaudatori recenti del Mose, uno stuolo di 140 dirigenti del ministero delle Infrastrutture, del Provveditorato interregionale alle opere pubbliche di Venezia e di altri Provveditorati. Tecnici esperti, tra cui l'attuale presidente del Consiglio superiore dei lavori pubblici Donato Carlea, o gli ex presidenti dell'Anas Pietro Ciucci e Vincenzo Pozzi. “Negli anni di collaudo tecnico amministrativo prodotti e relativi alle varie parti del Mose, non si riscontrano (con l'eccezione della Commissione cerniere) particolari osservazioni dell'organo di collaudo in merito all'esistenza del Piano di Manutenzione, alla sua coerenza con la realtà e alla sua corretta attuazione” scrivono Ossola e Fiengo. Una semplice presa d'atto di quanto dichiarato dai direttori lavori. Profumatamente pagata.