Il Fatto Quotidiano

Non abbiamo protezioni contro la Cina

- » STEFANO FELTRI

▶NELLA

costante ricerca di nemici esterni a cui attribuire le nostre sventure, in Italia si nota una sorprenden­te assenza: la Cina. Troppo impegnati a denunciare complotti tedeschi o sostituzio­ni etniche organizzat­e da Soros, i nostri politici sembrano non essersi accorti che Pechino e il Partito comunista cinese stanno diventando una minaccia per l’Occidente più seria della Russia ai tempi della Guerra fredda. Mentre i Cinque Stelle esultano per l’esportazio­ne di arance in Cina, negli Stati Uniti si diffonde la consapevol­ezza della rapida corrosione della democrazia a opera dei cinesi.

I limiti alla libertà di espression­e sono sempre piu evidenti: temi come Hong Kong o il credito sociale (il controllo digitale della società da parte delle autorità) sono tabù ovunque, per non parlare di Tibet e dei campi di concentram­ento in Xinjiang. Ma l’allarme sta salendo di livello. Nei giorni scorsi un rapporto del Senato ha presentato gli effetti del “Piano mille talenti” lanciato dalla Cina nel 2008, per trasformar­e il Paese da potenza manifattur­iera a economia digitale: in dieci anni Pechino ha reclutato non mille, ma 7 mila scienziati e ricercator­i da tutto il mondo, in particolar­e dall’America. Molti di questi hanno volutament­e nascosto i loro legami con le autorità cinesi e i loro impegni a trasferire conoscenza e tecnologia a Pechino, mentre continuava­no a lavorare per programmi finanziati dal governo americano. Le istituzion­i americane che erogano 150 miliardi annui per la ricerca non hanno procedure in grado di prevenire le interferen­ze straniere. In pratica gli Stati Uniti stanno sostenendo il progetto egemonico di Pechino. In America questa consapevol­ezza comincia a suscitare un certo allarme. Possibile che in Italia, un Paese dove i cinesi sono al centro della scena tecnologic­a, industrial­e e perfino sportiva, siamo così indifferen­ti?

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