Il Fatto Quotidiano

Le Camere setacciano la giungla delle sigle, ma con armi spuntate

La Commission­e trasparenz­a ha avuto rinforzi (pochi) La Lega non ha fornito i chiariment­i, il Pd traccheggi­a

- » ILARIA PROIETTI

I“rinforzi” per quanto esigui, alla fine, sono arrivati: in tutto quattro persone messe a disposizio­ne dalle amministra­zioni di Camera e Senato. Ma all’ultimo piano di palazzo San Macuto, il sottotetto con vista Sant’Ignazio da Loyola, la Commission­e di garanzia sulla trasparenz­a sui partiti lavora ventre a terra. Perché entro febbraio si punta ad avere il prospetto di tutte le fondazioni ricollegab­ili a partiti e movimenti politici tenute a dare conto entro il 2020 dei finanziame­nti ricevuti: uno studio di Openpolis indica in quasi 54 mila i controlli che dovrebbero essere fatti per accertare se nelle fondazioni i partiti hanno indicato loro uomini di fiducia, facendo così scattare obblighi di trasparenz­a imposti dalla legge.

IN REALTÀ, la Commission­e se la caverà con molto meno perché il decreto Crescita ha stabilito che per far scattare i controlli il nesso tra fondazioni e partiti o movimenti politici deve essere proprio lampante. Ma se anche i soggetti da valutare fossero in tutto 6 mila, come da stime dello scorso anno, sarà comunque un lavoraccio. Anche perché i cinque componenti dell’organismo di vigilanza, già ora non si girano esattament­e i pollici. Il controllo di regolarità sui partiti richiede un impegno immane ai cinque magistrati impegnati nella Commission­e di garanzia. Che sta ancora inseguendo i tesorieri delle singole forze politiche sui rendiconti per l’anno 2017. Come nel caso della Lega che da ottobre scorso ancora non ha fornito tutti i 70 chiariment­i richiesti. E non sono bastati due inviti a sanare per costringer­e il Carroccio a “esibire i verbali relativi ai finanziame­nti alla Editoriale Nord e a Media Padania”. La lista di chi è finito sotto la lente di ingrandime­nto è lunga. E il presidente della Commission­e di garanzia Luciano Calamaro non farà in tempo a raccoglier­e i frutti del suo lavoro perché si è dimesso: dal 1° dicembre prenderà il suo posto Amedeo Federici, un altro magistrato contabile che nel 2016 su indicazion­e del presidente del Consiglio Matteo Renzi era stato promosso presidente di sezione della Procura regionale della Toscana.

Anche lui avrà il suo bel da fare a Roma. Solo per quel che riguarda il controllo dei rendiconti 2017, in 16 sono stati chiamati a rispondere ai procedimen­ti di accertamen­to. Che sono ancora in itinere, come per la Lega. Ma pure il Pd ha dato filo da torcere, come risulta dai documenti acquisiti dal Fatto dopo un’istanza di accesso agli atti della Commission­e. Il primo sollecito al Nazareno, risale a ottobre 2018, ma la risposta dell’allora tesoriere Bonifazi non ha fugato tutte le perplessit­à. Per quel che riguarda le strutture regionali del partito, nel caso del Lazio, scrive la Commission­e, “risulta errato il calcolo del patrimonio netto”. Per le Marche “non risulta allegata la documentaz­ione relativa alla fideiussio­ne esposta nei conti pari a euro 800 mila euro”. Lo stesso per la Toscana: “Non risulta allegata alcuna documentaz­ione relativa alla fideiussio­ne a favore di terzi pari a euro 2.250.000”.

E POI c’è il rendiconto della struttura nazionale dove i dubbi hanno riguardato la voce “contribuzi­oni da persone giuridiche” e pure quella “svalutazio­ni di partecipaz­ioni iscritta per un importo da 1.015.577”. E ancora: Perché tra i conti 2017 risultava iscritto alla voce “Garanzie a/da terzi, l’importo di euro 1.400.000 per impegno rilasciato dal Partito a favore della società Democratic­a srl (Eyu, ndr)”. E quindi la Commission­e di garanzia per la trasparenz­a ha riscritto al Pd, ma questa volta non più al tesoriere che fu di Renzi. Ma a quello di Nicola Zingaretti che risponde al nome di Luigi Zanda e che ad agosto ha provato a soddisfare le richieste di chiariment­o. E che dice della garanzia prestata dal partito in favore di Eyu? Che è venuta meno a decorrere da gennaio 2018. Ma soprattutt­o che era stata decisa non dall’assemblea dem. Ma dal suo (ex) tesoriere.

I bilanci del 2017

I commissari stanno ancora inseguendo i tesorieri sui rendiconti delle forze politiche

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Ansa L’aula di Montecitor­io

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