Il Fatto Quotidiano

Uffizi: la vera età della Venere al bagno è un giallo e un affare

In catalogo una statua bronzea, per molti farlocca, appartenen­te a un mercante ritenuto vicino al direttore Schmidt

- » ANGELO MOLICA FRANCO

Mentre ancora riverbera l’eco degli strali tra il Louvre e gli Uffizi sui prestiti in occasione dei 500 anni dalla morte di Leonardo, ecco che il museo fiorentino assurge al ruolo di protagonis­ta di una nuova querelle internazio­nale, legata all’esposizion­e “La scultura in bronzo nella Firenze degli ultimi Medici”. Tra le opere, figura una capziosa e mai esposta Venere al bagno attribuita al Giambologn­a (1529-1608).

Mentre ancora riverbera l’eco degli strali che il Louvre e gli Uffizi si sono spediti riguardo ai prestiti per l’anno di Leonardo da Vinci, ecco che le gallerie fiorentine assurge al ruolo di protagonis­ta di una nuova querelle internazio­nale, legata stavolta alla propria mostra “Plasmato dal fuoco. La scultura in bronzo nella Firenze degli ultimi Medici”. Tra le opere esposte, infatti, figura una capziosa e mai esposta fino ad oggi Venere al bagno attribuita al Giambologn­a ( 1529- 1608), artista fiammingo eletto artista di corte da Francesco I de’ Medici.

IL PROPRIETAR­IO della statua è il mercante d’arte Alexander Rudigier (amico di Eike D. Schimdt, direttore degli Uffizi), che per anni ha tentato di dimostrarn­e, senza riuscirci, l’appartenen­za al Giambologn­a. Gli esperti sostengono sia solo una copia bronzea e di un secolo posteriore di una in marmo (questa, davvero, del Giambologn­a) esposta al Getty Museum di Los Angeles.

Nonostante la questione non fosse stata sciolta e le ragioni di Rudigier assai scarse, a settembre l’opera viene annoverata nel catalogo della mostra fiorentina come “squisita” Venere detentrice di “una sensualità straordina­ria” e attribuita al Giambologn­a da Schmidt stesso.

Il mondo dell’arte si è sollevato. Tanto per l’attribuzio­ne di imperio – e su cui gli Uffizi hanno dichiarato al New York Times (che ha il merito di aver sollevato la questione) che Schmidt credeva che la disputa accademica fosse risolta – ma soprattutt­o per il conflitto di interessi che si viene a creare. Lo spiega bene Dorothea Diemer, storica dell’arte e uno dei principali detrattori dell’attribuzio­ne: “Cercano di dare credibilit­à alla loro opinione esponendo la scultura. In più, è un’opera in vendita, quindi l’attribuzio­ne fa la differenza. Ed è questione di tanti soldi.” Se fosse del Giambologn­a, infatti, varrebbe decine di milioni di dollari ed è ovvio che l’opinione del direttore di uno dei musei più importanti al mondo faccia un’enorme differenza in termini di denaro, che mai come in questo caso sembra “vile” come vuole la lezione di Sciascia.

E sembra essere in un giallo del maestro siciliano se pensiamo che già nel 2013, Rudigier aveva già cercato di vendere la Venere al bagno “spacciando­la” come un’originale al principe del Liechtenst­ein. Concorda con Diemer anche Gregory Stevens, della Seton Hall University: “Quella visibilità ha il potenziale di aumentare il valore, ma non è compito dei musei”.

Da par loro, gli Uffizi dichiarano che “Il bronzo è stato incluso nella mostra esclusivam­ente per motivi accademici” e che nulla ha a che fare il rapporto di amicizia che lega il direttore Schimdt con Rudigier. La questione sollevata è principalm­ente etica. “In effetti, è un caso imbarazzan­te” commenta lo storico dell’arte Tommaso Montanari, che precisa: “Nel periodo in cui è stata organizzat­a la mostra, gli Uffizi non avevano un Consiglio scientific­o in carica”.

La statua reca un’iscrizione latina: “ME FECIT GERHARDT MEYER HOLMIAE” (Realizzata da Gerhardt Meyer in Stoccolma), e un anno che può essere o un “1597” oppure un “1697”, il cui “6” non è stato chiuso bene in fusione.

LA STORICA DELL’ARTE DOROTHEA DIEMER La scultura è in vendita, l’attribuzio­ne fa la differenza Ed è questione di tanti soldi

PER RUDIGIERè il 1597 e Gerhardt Meyer non è il noto fondatore di bronzo più attivo in Svezia alla fine del 1600, ma un precedente Meyer che avrebbe lavorato in una delle tre fucine del Giambologn­a, di cui tuttavia non si trova nessun’altra opera (tra l’altro, l’opera non veniva mai firmata da chi la gettava in bronzo). E ai test di termolumin­escenza che ha fatto eseguire Rudigier e che comprovere­bbero la sua teoria – anche se per per Jean- Marie Welter, metallurgi­sta del rame, non sono molto attendibil­i poiché i risultati dipendono da moltissimi parametri – chi si oppone specifica che tanto lo stile ruvido dei capelli della Venere, come pure il braccio inferiore che oscura il volto sono atipici nello stile dell’artista.

Caso imbarazzan­te. Catalogo deciso mentre non era in carica un consiglio scientific­o TOMASO MANTANARI

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LaPresse La “Venere al bagno” L’opera contestata. In alto, Eike D. Schimdt

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