Il Fatto Quotidiano

Il nuovo Nicolazzi

- » MARCO TRAVAGLIO

La prima volta che incontrai Matteo Renzi fu nel dicembre 2010, nello studio di Lilli Gruber. Lui era collegato dal suo ufficio di sindaco di Firenze e s’era appena fatto beccare in visita a B. nella villa di Arcore, in pieno bunga-bunga. Ovviamente B. gli aveva garantito la massima segretezza e ovviamente aveva subito spifferato tutto. Dissi a Renzi che era un “furbo fesso”. E glielo ripeterei anche oggi, perché tutta la sua parabola politica – dall’ascesa alla discesa in picchiata fino alla scissione – è riassunta da quei due aggettivi ossimorici: furbo e fesso. È più forte di lui: appena fa una furbata, la rottama subito dopo con una fesseria. La furbata del Patto del Nazareno e la fesseria del golpe anti- Letta senza passare dal voto. La furbata degli 80 euro che portò il Pd al 40,8% alle Europee e la fesseria di sentirsi onnipotent­e. La furbata della rottamazio­ne e la fesseria della restaurazi­one (con Alfano, Verdini, il Jobs Act, la controrifo­rma elettorale e costituzio­nale). Poi, dopo la tranvata referendar­ia, niente più furbate, ma solo fesserie: spingere Bersani&C. fuori dal Pd, non lasciare la politica nemmeno per un nanosecond­o, paracaduta­re la Boschi in Alto Adige e, perse le elezioni 2018, ingozzarsi di popcorn e sabotare il dialogo con i 5Stelle, nella speranza di farli distrugger­e da Salvini e incamerarn­e i voti (non ne tornò a casa nemmeno uno). Poi, quest’estate, una nuova furbata: spingere Zinga, che puntava dritto al voto come Salvini, e costringer­lo a fare il governo con Di Maio. Ma ecco, subito dopo, la fesseria: la scissione.

Ciascuno è libero di uscire da un partito quando gli pare. Solo, dovrebbe spiegare il perché. Ieri Renzi ci ha provato in due pagine di Repubblica e in due ore di Porta a Porta, ma non ci è riuscito. Quando il suo Pd perse l’ala sinistra, fu perché Renzi stava realizzand­o il programma di B. Ma ora quale sarebbe il suo dissenso con la linea Zinga? Ammesso che ora il Pd abbia una linea, è quella che Renzi ha imposto meno di un mese fa: il governo col M5S. Dunque perché se ne va con i suoi quattro gatti (per tacer di Lotti)? Mistero. Il fatto che nel Conte 2 non ci siano sottosegre­tari toscani, tantomeno di Rignano, non pare proprio dirimente. E se ora “rie nt ra no D’Alema, Bersani e Speranza”, questa non è la causa, ma l’effetto della sua uscita. Definire poi un partitino da 3-4% “laboratori­o di innovazion­e spaventoso” e “un’esplosione di proposte” per “occupare lo spazio del futuro”, è roba da Tso. Più che a un’esplosione di energia, fa pensare alla manutenzio­ne delle poltrone. Roba da socialdemo­cratici, nel senso del Psdi. Quelli che si fermò un’auto blu, non ne scese nessuno ed era Nicolazzi.

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