Se anche i parlamentari mettessero la divisa
Non ho messo un tailleur neanche il giorno della laurea, e dopo cinque secondi che indosso una giacca sopra una camicetta mi dibatto come un gatto nel sacco. Per non parlare dei tacchi, che oltre i cinque centimetri mi dànno un’andatura da ubriaca. È questo il vero motivo per cui non ho scelto un lavoro serio né mi sono mai candidata alle elezioni. Perché sono convinta che l’autorevolezza passi anche dal vestito, e purtroppo i tessuti elasticizzati sono ontologicamente poco autorevoli fuori da una palestra. Se facessi la parlamentare o la ministra, mi sentirei a disagio sbracciata, casual o civettuola in un’aula di uomini in giacca e cravatta: è più una scena da tivù (tiggì compresi), dove in ogni stagione i maschi sono sempre vestiti di tutto punto, accanto a femmine con braccia e gambe scoperte, disparità, fra l’altro, che va contro la fisiologia, perché noi in genere siamo le più freddolose, e l’aria condizionata folle negli studi ci ammazza. La soluzione per uniformare il look dei rappresentanti del popolo c’è. Se magistrati e avvocati ambosessi portano la toga sopra i vestiti, perché non adottarla anche alla Camera e al Senato, dove peraltro era la mise delle origini? Uguale per tutti, bianca con la banda purpurea, come quella di Cicerone e di Cesare, drappeggiata con dignità sulla spalla. Risolverebbe tutti i dubbi di dress-code, darebbe maestà a ogni fisico, maschile o femminile, e neutralizzerebbe la freccia più vile all’arco di avversari politici o giornalisti cretini: il body shaming. Non dico che con una bella toga i politici ritroverebbero la contenuta e nobile gestualità degli oratori romani e magari anche il senso della res publica. Ma anche nel peggiore dei casi, le sedute parlamentari diventerebbero rievocazioni di Animal House, che sarebbe un bel progresso. E sappiamo già chi urlerebbe “Toga! Toga! Toga!” brandendo un rosario.