Dai partigiani al ricco Barolo: le Langhe dell’anima in un film
IL PIEMONTE DELL’ANIMA Un documentario racconta com’è cambiata la terra, dai falò dei partigiani al riconoscimento dell’Unesco, con la voce di chi ha fatto “la storia del territorio”
C’era
una volta la Langa di Cesare Pavese e di Beppe Fenoglio, un territorio dell'anima, simbolo della grama condizione umana. Le Langhe della Resistenza, dei falò sulle colline nelle notti d'estate e della “malora”, la malasorte che si abbatteva su una terra che dava poco e sui contadini in miseria. Oggi dire Langhe è dire i vigneti da milioni di euro del Barolo e del Barbaresco, il turismo straniero, il riconoscimento dell’Unesco.
PTra quelle colline Dai falò dei partigiani ai vigneti milionari, la trasformazione di una terra diventa un film Ansa
er raccontare gli uomini e le donne di questo frammento del Piemonte, e soprattutto le sue trasformazioni, da anni il fotografo Bruno Murialdo, classe 1949, nato in una famiglia originaria di Gorzegno, in Alta Langa, va raccogliendo, oltre alle sue foto, le video testimonianze di chi sa che le Langhe, come diceva Pavese, non si perdono, e che le ha vissute, contribuendo a mutarle. Sono interviste, spiega Murialdo, “a decine di persone che hanno fatto la storia del territorio. Una banca dati dell'immagine, insomma, che abbiamo messo in piedi con Marcello Pasquero, Daniele Ferrero e Claudio Rosso, e che è a disposizione di chi vuole scoprire le Langhe attraverso i suoi protagonisti”. Una prima sintesi del lavoro si è tradotta nel cortometraggio Dalla Malora al
l'Unesco, presentato nei giorni scorsi.
CHE COSA viene fuori dalla banca dell'immagine langhetta? Certamente non è più un angolo di quel “mondo dei vinti” descritto da Nuto Revelli, che Murialdo accompagnò nei suoi viaggi negli anni Sessanta-Settanta per le vallate, le montagne e le colline povere della provincia di Cuneo. “C'è la Langa ricca del vino”, ricorda, “quella del Barolo, del Dolcetto, dove un ettaro di vigneto può costare più di un milione di euro, e dove a lavorare tra i filari ci sono macedoni e marocchini, perché gli italiani non vogliono più fare i contadini. È la Langa del turismo favorito dal riconoscimento Unesco; un turismo fatto da svizzeri, tedeschi, americani, australiani, olandesi, che acquistano le cascine in rovina e le ristrutturano usando la pietra, rifacemdo gli antichi muretti a secco dei contadini di una volta. Ci sono 150 chilometri di muretti così, sembra una piccola muraglia cinese”. E poi c'è l'Alta Langa, senza vigneti, almeno per ora. “Una Langa pressochè intatta”, prosegue il fotografo, “con un'enorme biodiversità. Sono posti dove, camminando lungo i sentieri, ti sembra di essere dentro le pagine dei libri di Fenoglio: quel romanticismo c'è ancora, anche se non esistono più le osterie e numerose cascine sono state abbandonate”. Sono ancora gli stessi paesaggi di
Una questione privata di Beppe Fenoglio, quelle colline che il protagonista del romanzo, il partigiano Milton, aveva sempre pensato “come il naturale teatro del suo amore” per la ragazza Fulvia.
LE LANGHE di ieri e quelle di oggi si incrociano nelle 180 ore di video della banca dati di Murialdo, Pasquero, Ferrero e Rosso. Scorrono i racconti dei patriarchi del vino e dei produttori di formaggio, dei cercatori di tartufi e di campioni di pallone elastico, il gioco per eccellenza delle vecchie Langhe, parente stretto di quello immortalato da Giacomo Leopardi. Ma ci sono anche i nuovi contadini langhetti, gli immigrati dalla ex Jugoslavia e dal Nord Africa che incontri tra le vigne e le piazze di Alba, di Santo Stefano Belbo, di Canelli. Le Langhe cambiano, ma non si perdono.
Dalla resistenza Il corto è stato realizzato da Bruno Murialdo, con Marcello Pasquero, Daniele Ferrero e Claudio Rosso