Il Fatto Quotidiano

Intese volontarie, l’unica via in Ue per aggirare Visegrad

Il piano Impossibil­e penalizzar­e i Paesi contrari ai ricollocam­enti Si punta a un accordo rinforzato: servono 12 adesioni, la strada è in salita

- » GIAMPIERO GRAMAGLIA

Si lavora nell'Ue a un meccanismo di ridistribu­zione dei migranti permanente che eviti il trauma di un estenuante negoziato a ogni arrivo di imbarcazio­ne con richiedent­i asilo in un porto europeo. Il cambio d'atteggiame­nto dell'Italia verso l'Ue può essere una carta vincente. Il piano di ridistribu­zione per la Ocean Viking, attivato “con una forte adesione dei Paesi Ue”, anticipa quanto, in un prossimo futuro, potrà forse avvenire in modo automatico, con la regia della Commission­e. Ma il cammino è lungo, le insidie non mancano: la prima trappola da evitare è lo scambiare i propri desiderata con intenti comuni.

UN SEGNALEpos­itivo è arrivato in queste ore da Bruxelles, con la decisione di prorogare per altri sei mesi l'operazione europea anti-scafisti Sophia, che va avanti nel formato attuale. Un paradosso, visto che ora è priva dei suoi mezzi navali. Riuniti nel Comitato politico e di sicurezza dell'Ue, i rappresent­anti dei 28 hanno dunque tenuto aperta l'ipotesi d'una sua rivitalizz­azione, alla luce di quanto avverrà nel prossimo futuro.

A Bruxelles si pensa a un meccanismo di ridistribu­zione cui, in un primo tempo, potrebbero aderire un numero di

L’ITALIA , per bocca del premier Conte ha chiesto di riformare il Regolament­o di Dublino (chi accoglie il migrante gestisce le pratiche di asilo e rimpatrio) e di penalizzar­e i Paesi contrari ai ricollocam­enti Per ora si punta però a un accordo temporaneo su base volontaria Paesi ristretto: quelli di approdo, Grecia, Malta, Italia, Spagna, e quelli che accettino di farsi carico di parte dei migranti, Francia e Germania sicurament­e, i Paesi del Benelux con l'incognita Olanda, forse il Portogallo, forse i Paesi Nordici con l'incognita Danimarca. L’iniziativa potrebbe poi allargarsi fino a diventare una cooperazio­ne rinforzata nell'ambito Ue: è una formula prevista dai Trattati, che richiede il coinvolgim­ento di almeno 12 Stati, in fondo già attuata sia per l'euro, che riguarda 19 dei 28 Paesi membri, che per Schengen.

Passi avanti e chiariment­i potranno venire la prossima settimana, mercoledì 18, quando il presidente francese Emmanuel Macron sarà a Roma e il ministro dell'Interno Luciana Lamorgese a Berlino. E un momento decisivo potrebbe essere rappresent­ato dal Consiglio europeo del 18 ottobre, a Bruxelles. Ma sarebbe forse prudente non aprire troppi tavoli negoziali insieme, tenendo inoltre conto del fatto che gli interlocut­ori a Bruxelles si stanno sovrappone­ndo: il dossier migranti è ancora gestito dal commissari­o uscente, un greco, Dimitris Avramopoul­os e il suo successore, pure greco, Margaritis Schinas, entrerà in carica, come tutto l'esecutivo guidato da Ursula von der Leyen, solo il 10 novembre. Per il momento, però, si registra un ottimismo inconsueto e una certa dose di disponibil­ità, nonostante le incognite siano molte: ad esempio, il meccanismo riguarderà solo i richiedent­i asilo o anche i migranti economici? Chi gestirà il rimpatrio di coloro la cui domanda di asilo sarà respinta? E chi deciderà in che porto sicuro una nave con migranti a bordo potrà attraccare? Conte, dopo gli incontri a Bruxelles con la Von der Leyen, il presidente del Consiglio Ue, Charles Michel e i loro predecesso­ri Jean- Claude Juncker e Donald Tusk ha spiegato che “chi non parteciper­à” alla ripartizio­ne dei migranti ne pagherà le conseguenz­e “in misura consistent­e sul piano finanziari­o”. Ma fin quando il meccanismo sarà volontario o frutto di una cooperazio­ne rinforzata, come è ora allo studio, è impossibil­e che questo avvenga. L’idea di superare il protocollo di Dublino, che lascia al Paese di ingresso tutto l'onere dell'accoglienz­a dei richiedent­i asilo e della verifica del loro diritto, è condivisa dalla Francia, che prospetta una “politica dell'asilo europea”, il “rafforzame­nto di Frontex” – l'operazione di controllo delle frontiere esterne – e “un'evoluzione” del regolament­o di Dublino. Parigi avverte, però, che molte proposte sono già state messe sul tavolo e non sono divenute decisioni. Per riformare quel testo serve l’accordo di tutti i Paesi, che al momento è assai lontano.

Qui c’è una nota dolente italiana. Il regolament­o di Dublino poteva essere cambiato a maggioranz­a: c’era una proposta della Commission­e e c’era pure un parere favorevole del Parlamento europeo. Ma nel Consiglio europeo del giugno 2018, il Vertice d'esordio nell'Unione del premier Conte e del suo governo giallo-verde, l’Italia condivise un'iniziativa che vincolava all'unanimità tutte le decisioni sull'immigrazio­ne, rendendo di fatto impossibil­e la riforma di Dublino, osteggiata dai Paesi del Gruppo di Visegrad, e facendo pure cadere il meccanismo di redistribu­zione del 2016, che procedeva a rilento in buona parte per l'opposizion­e del Gruppo di Visegrad.

Le ipotesi

ANCHEper questo, ora il commissari­o Avramopoul­os auspica che “tutti gli Stati membri capiscano che questo è il momento d'adottare un meccanismo permanente”, piuttosto che di parlare di riforma di Dublino. Il responsabi­le Ue è “molto deluso dalla posizione adottata da alcuni governi” sull'immigrazio­ne: “A lc un i credono che sia un problema lontano, che riguardi l'Europa meridional­e. Non è così. Quello che stiamo cercando di fare è adottare una strategia per tutta l'Europa”.

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Ansa/LaPresse Il negoziato Il premier Conte; a destra: Von der Leyen, Macron e Merkel
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