Raggi: il pm chiede 10 mesi, ma poi scivola sul movente
La sindaca accusata di falso. Di Maio: “Se condannata, lasci”
■ “Mentì sulla nomina del fratello di Marra per non essere indagata e non doversi dimettere per il codice M5S”. Ma Pizzarotti e Nogarin, indagati prima di lei, rimasero
Salvare il suo ex braccio destro Raffaele Marra e la sua capacità di far funzionare la macchina amministrativa, e salvare pure se stessa da un’eventuale indagine e da un’eventuale espulsione dal M5S. Sono questi per la Procura di Roma i moventi dietro il presunto falso documentale commesso da Virginia Raggi nelle dichiarazioni fatte sulla nomina di Renato Marra, fratello di Raffaele. Anche se quell’incarico è stato revocato, per i pm Paolo Ielo e Francesco Dall’Olio, il reato è stato comunque commesso. Per questo chiedono che la sindaca di Roma venga condannata a dieci mesi di reclusione.
L’ACC U SA concede le attenuanti generiche, ma chiede al Tribunale di chiudersi in una stanza e usare – per dirla con le parole di Ielo – “gli strumenti del mestiere” nella sentenza di oggi. Strumenti che consentano “di immunizzare il processo da tesi” esterne che ruotano intorno a questa vicenda. Che potrebbe avere, è inutile negarlo, delle conseguenze anche politiche. Come le eventuali dimissioni in caso di condanna. Ma la politica non è una preoccupazione dei giudici: “Tutti i processi devono essere condotti allo stesso modo”. Il messaggio è chiaro: trattare questo processo come se sul banco degli imputati non ci fosse la sindaca della Capitale, ma un dirigente qualsiasi. E per farlo, ribadisce Ielo, bisogna prendere gli attrezzi del mestiere. A cominciare dal Codice penale: “Le regole di diritto sono precise – dice l’accusa –. Qui c’è una prova evidente del dolo”. Infatti il punto è questo: dimostrare che la sindaca ha mentito consapevolmente nella dichiarazione al Responsabile della Prevenzione della Corruzione del Campidoglio quando ha affermato che nella procedura per la nomina di Renato, il fratello Raffaele ha avuto “compiti di mero carattere compilativo”. Ossia, aveva solo eseguito le sue direttive. “Quando discutiamo di dolo – continua l’accusa – un ruolo fondamentale ce l’ha il movente. Per comprenderlo occorre avere riguardo al ruolo di Raffaele Marra”, per i pm custode della chiave che accendeva il motore del Campidoglio.
Il movente, quindi. “Da un lato – spiegano i magistrati – la protezione di Marra” e delle sue capacità. Dall’altro “il codice etico del M5s vigente in quel momento, che prevedeva dimissioni in caso di indagini”. “Allora qual è il tema? - continua l’accusa -. L’Anac interviene per chiedere se fosse stata violata l’astensione di Marra. Se la risposta è si, la probabilità di un’iscrizione è elevata. Quindi poteva esserci il problema delle dimissioni”. Sul punto la Raggi ha fatto spontanee dichiarazioni, spiegando che il Movimento prevedeva sì l’espulsione, ma solo nel momento in cui le indagini non venivano comunicate dagli interessati.
L’accusa ha ripercorso anche una parte dell’ordinanza con la quale è stato archiviato il reato di abuso d’ufficio, inizialmente contestato alla sindaca. In un passaggio, è scritto: “L’intera istruttoria è stata curata dagli assessori e da Marra”.“Per cui delle due l’una – affermano i pm –: o nell’archiviazione il giudice ha detto cose inesatte, o qui c’è un falso”.
L’altro attrezzo del mestiere che si chiede di usare sono le dichiarazioni. Sul ruolo di Marra, ieri è stata sentita anche Carla Raineri, ex capo di gabinetto della sindaca, ruolo che ha lasciato con forti dissidi con l’amministrazione. Marra, ha detto la Raineri, “aveva un fortissimo ascendente sul sindaco. Ho cercato disperatamente di intercettare la sua attenzione su tanti temi, ma mi sentivo rispondere: ‘Ne parli con Marra o con Romeo’”.
L’appello ai giudici ”La politica resti fuori, le norme di diritto sono precise. C’è la prova evidente del dolo”
E POI CI SONO LE CHAT. Quando la stampa parla dell’a umento di stipendio che avrebbe comportato la nomina di Renato Marra, la sindaca si altera con Raffaele. “Ma perché la Raggi chiede a Marra dell’aumento di stipendio se dice di aver dato gli ordini lei?”, si chiedono i pm. E ancora: “Marra poi le scrive: ‘Non ti ho mai nascosto nulla’. Cosa vuol dire? Marra ha diritto di non rispondere. Noi i diritti li rispettiamo, ma non abbiamo l’anello al naso”.