Il Fatto Quotidiano

Renzi peronista si fa il suo Partito della Leopolda

Ritorni Alla kermesse nella ex stazione di Firenze, l’ultima esaltazion­e dei suoi al leader, paragonato a Cesare pugnalato

- » FABRIZIO D’ESPOSITO

Viva il popolo, viva il leader, viva finanche la personaliz­zazione del partito, perché portò al 40 per cento e non all’odierno 18 del Pd. La Leopolda numero nove termina e consacra il nuovo peronismo renziano. Partendo da una realtà virtuale come quella tratteggia­ta dalla virulenta Teresa Bellanova, ex viceminist­ra: “Non abbiamo nulla da rinnegare, non dobbiamo chiedere scusa a nessuno”.

Non rinnegare, quindi, bensì restaurare l’età dell’oro renziana che solo qui nel tempio fiorentino hanno visto per un lustro. Loro, i fedeli renziani, circa 4mila persone, certamente non gli italiani.

BELLANOVA ha l’onore di fare da spalla solista allo show finale del Leader invocato e acclamato. Ed è l’ennesimo schiaffo a Marco Minniti, potenziale candidato di quest’area alle primarie. Sabato Minniti è venuto ed è stato zitto, dopo la passerella riservata a Paolo Bonolis. Ieri, invece, la parola all’ex viceminist­ra, più volta indicata come la vera candidata dell’ortodossia renziana, quella che non flette, tira dritto e se ne frega dei giochi di corrente. E anche l’intervento di Bellanova, novella e matura Evita del peronismo renziano, nonché baluardo contro l’eccesso di “testostero­ne” nel Pd, ha un’inflazione galoppante del verbo resistere e dei suoi derivati. Maliziosam­ente, le telecamere della diretta streaming inquadrano due volte l’ex donna forte del renzismo, Maria Elena Boschi, in prima fila.

Resistere, resistere, resistere. All’infinito. Nel nome e nel segno del Leader. E di un movimento nuovo, fatto di comitati civici oltre il recinto del Pd. Lo dice il nuclearist­a Umberto Minopoli, che parla prima di Bellanova e Renzi e devono pure strappargl­i quasi il microfono di mano per la sua e- motiva prolissità. Già comunista vicino alle varie anime della Ditta, Minopoli grida nel delirio generale: “Qui c’è un movimento, non ci sottovalut­iamo, questo è un evento e Renzi non può riti- rarsi”. Papale, papale. Ormai la Leopolda è un partito personale che ha poco o nulla ancora da spartire con il Pd. In pratica, per usare il derivato di un antico verbo renziano, è la rottamazio­ne del Partito democratic­o. Tatticamen­te, però, da qui ai prossimi mesi, il renzismo coi suoi comitati continuerà a fare da tappo (se non andrà via) a ogni speranza del derelitto partito gestito da Maurizio Martina, mai nominato in questi tre giorni. Né lui, né altri.

IN FONDO questo è un altro mondo rispetto alla sinistra, è una sensazione epidermica prima che politica. Il renzismo mescola audience e neocivismo come quello dei Meetup e si fonda sull’adorazione del Leader. Quando Matteo Renzi sale sul palco poco dopo le tredici il peronismo vira sul cesarismo. Non a caso, tra gli interve- nuti della mattinata c’è stato chi ha paragonato “Matteo” a Cesare pugnalato da Bruto. Il generaliss­imo Renzi rivendica subito il suo populismo. Anzi ne conia la definizion­e: “Questa storia che la personaliz­zazione è un problema sta finendo, c’è bisogno di leader e c’è bisogno di popolo”. E la “titolarità a parlare” gli discende sul capo dal “popolo della Leopolda”. Un’unzione divina che include una benedizion­e clerical-berlusconi­ana sui comitati civici: “Andate e fondatene uno”. Come se stesse celebrando la messa di una nuova religione. La sua.

Il resto sono battute e invettive contro l’ex dc Enzo Scotti, “guru” di Di M aio, contro l’ elezione “truccata” di Marcello Foa a presidente della Rai, contro Beppe Grillo che “ha fondato la sua carriera sui compensi in nero”. Foa, inoltre, è un “bugiardo, una fake news vivente” che sarà querelato per aver detto che gli eurodeputa­ti del Pd prendono soldi dal magnate Soros. Da buon populista, Renzi non fa altro che stanare e provocare il nemico grillino, con il quale“pezzi dell’ establishm­ent” volevano che lui si accordasse .“Politicizz­ar el’ an tipolitica e civilizzar­e i barbari” per un nuovo“bipolarism­o populista ”. Giammai. Meglio la resistenza coi popcorn contro“il governo dei cialtroni che sta mandando a sbattere l’ Italia ”. Altra ovazione.

Indi sfiora il grottesco con il suo appello alla legalità, vero problema del Paese al posto dell’immigrazio­ne: alla Leopolda c’ è il peggio del renzismo impresenta­bile, dalle regioni ai parlamenta­ri, che applaude con vigore. Un’ altra scena berlusconi­ana. Così come copiata da Silvio Berlusconi (primigenio padre del populismo italico) è la lezione contro l’odio, “un boomerang che si ritorcerà contro” il governo gialloverd­e. A furia di odiare, “i giacobini finiranno sul patibolo e noi torneremo prima o poi”.

Diciamo più poi che prima.

Bellanova come Evita Potrebbe essere lei la candidata d’area, e infatti difende la linea dell’ex segretario Altro che chiedere scusa, abbiamo da rivendicar­e le riforme che abbiamo fatto con i nostri governi

TERESA BELLANOVA Qui c’è un movimento, non ci sottovalut­iamo, questo è un evento e Renzi non può ritirarsi UMBERTO MINOPOLI

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Ansa Edizione numero nove Matteo Renzi ieri a Firenze

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