Il Fatto Quotidiano

Corleone, Montelepre e Prizzi: la rinascita della Sicilia libera

In queste terre i giovani non si riconoscon­o più nella mafia: si onora la memoria delle vittime, dei giudici e dei contadini

- » NANDO DALLA CHIESA

Volete voi sapere qualcosa di Corleone, di come sia oggi questa città, storico simbolo di mafia? Volete sapere che cosa abbia io da raccontarv­i dopo esservi stato con ampia compagnia giovanile? Certo, la toponomast­ica non aiuta a cambiare la fama: via Riina, cortile Leggio. Saranno pure omonimie, ma le ambiguità sconvolgon­o. Tutto sembra confermare la nera leggenda volata per il mondo. Le magliette del padrino esibite beatamente da qualche turista straniero. La moto che gira nervosamen­te intorno al gruppo di studenti sconosciut­i. L’amaro “D on Corleone” in vetrina. E perfino un consiglio comunale sciolto per mafia. Diresti tutto come prima. Povero il busto di Falcone nella piazza principale.

E, INVECE, scopri che l’Italia è cambiata anche in questo luogo che se ne sta come rifugiato tra le braccia possenti delle sue rocce. Perché le scuole di Corleone hanno insegnanti donne che fanno contro la mafia quel che non si vede nemmeno per sbaglio in qualche paese dell’Emilia dei fratelli Cervi. La scuola prima di tutto, ti ripetono due professore­sse. Perché a reggere la città ci sono tre commissari­e, guidate da Giovanna Termini, che preferisco­no saltare i pasti e i pacchetti di crackers ai ristoranti, perché “è meglio frequentar­e i posti pubblici il meno possibile”. Mica come i ministri che nelle fotografie proibite ci ca- scano sempre. Oppure qualcosa cambia perché i carabinier­i sono una cosa seria, e il giorno lo passano con l’occhio sempre al territorio, fanno analisi e attività operativa, e vedono di buon occhio i giovani venuti da lontano a studiare la storia della città. O perché vi si coltiva la memoria delle vittime, giudici e contadini. Il sindaco di Prizzi, pochi chilometri da Corleone, ripete quel che sostiene Giovanna Termini. La scuola è stata determi- nante per cambiare un mondo bloccato per decenni nel terrore. I giovani non si riconoscon­o più nella mafia. Sono frattaglie, ormai, i giovani tifosi di Cosa Nostra.

IL CLAN RIINA? È stato smantellat­o, ognuno dei figli è andato in luoghi diversi, qui non incidono più. Provenzano? Le nuove generazion­i della famiglia sono costrette a sbarcare il lunario, altro che i macchinoni degli anni d’oro. Si chiama Luigi Vallone, il sindaco di Prizzi. È il primo cittadino da vent’anni, in mezzo una parentesi da consiglier­e provincial­e. Ha una bella faccia moderna, capelli bianchi e vitalità da adolescent­e saggio. Sente l’orgoglio di una storia che è stata di riscatto come poche altre, anche se l’Italia ha l’aria di non accorgerse­ne. Ha offerto al gruppo venuto a studiare queste plaghe di Sicilia un residence che non deve avere avuto fortuna. Ma ci ha messo l’anima perché l’ospitalità apparisse quella di un paese che cambia, amante degli scambi culturali. Il giorno prima ha provveduto a comprare all’Ikea di Catania asciugaman­i e coperte e federe. Anzi, dicono i suoi dipendenti che abbia perfino preparato un po’ di letti. È felice che nel suo comune si moltiplich­ino associazio­ni e murales. Quando spiega il percorso arduo di Corleone, Prizzi e Montelepre non si fermerebbe mai. Gli vibra dentro un intero pezzo di Sicilia che sente di potere stare alla pari con l’Italia migliore. Là dove già gareggia Valentina Fiore, la grande manager di Libera Terra, che qualunque giuria seria metterebbe tra le prime cento donne d’Italia. E che rivendica il rifiuto dell’assistenzi­alismo buono, dell’idea di potere vendere i suoi vini per “solidariet­à antimafios­a” an- ziché per la loro “qualità”. Si appassiona, Valentina, narra la Sicilia che muta pelle su quest’ asse tra San Giuseppe Jato e San Cipirrello. Di quando ai raccolti non arrivava la trebbiatri­ce, perché così avevano deciso i boss, e di oggi che alla cooperativ­e si mettono in fila per un’assunzione con contratto regolare.

La Sicilia delle cose incredibil­i. Come quella di Antonio, il bimbo innamorato dell’Arma che il 2 settembre ha tenuto un piccolo concerto davanti alla Cattedrale normanna di Palermo mentre era in corso la Festa dell’onestà. Una musica di sua composizio­ne, l’ha chia- mata Melodia per un generale. Antonio, 7/8 anni, aveva promesso lo scorso anno che avrebbe realizzato una composizio­ne in onore del generale e l’ha fatto. Ora suona contorcend­osi come i grandi musicisti. Non tradisce emozioni, gli adulti lo guardano rapiti mentre solleva le mani e le porta sulla tastiera. La melodia è bella e anticipa qualcosa. Forse la carriera di Antonio. Forse il futuro della Sicilia.

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Ansa Il ricordoIl 24 maggio 2012 si è svolto a Corleone il funerale del sindacalis­ta Placido Rizzotto ucciso dalla mafia

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