Il Fatto Quotidiano

Rai, la sfida tra Lega e M5S per il dg e i telegiorna­li

Per la direzione generale il compromess­o è un manager “di prodotto” che sia equidistan­te. Salvini vuole il Tg2 e punta anche i Tg regionali

- » GIANLUCA ROSELLI

Il problema sono i nomi. La Lega li ha, i 5 Stelle no. Parliamo di Rai. Anche qui tira aria di spartizion­e tra i due partiti di governo, con occupazion­e quasi totale degli incarichi. O almeno così vorrebbe la Lega. Tra i due partiti il braccio di ferro per decidere chi guiderà la Rai è già iniziato e non è escluso che alla fine, per non danneggiar­si a vicenda, per Viale Mazzini venga fuori una soluzione “alla Giuseppe Conte”. Ovvero un nome per la direzione generale non legato a nessuno dei due partiti. Un uomo azienda, o di prodotto, come si suol dire.

IL PROBLEMA è che i nomi che girano per il ruolo di dg - che con la nuova legge avrà poteri più ampi - arrivano tutti dall’orbita salviniana: ad esempio quello di Gianmarco Mazzi, socio di Lucio Presta (cosa che costituisc­e un ostacolo), sei volte direttore artistico del Festival di Sanremo. Altri nomi che rimbalzano sono quelli di Fabio Vaccarono ( country director di Google), l’ex direttore de La7 ora in Stand by me (la società di Simona Ercolani) Fabrizio Salini, l’ad di Viacom Italia Andrea Castellari. Identikit che assomiglia­no a quello di Antonio Campo Dall’Orto, il dg scelto da Matteo Renzi per rivoluzion­are la Rai e poi sfiduciato dallo stesso Pd.

A destare attenzione pure l’invio del curriculum per il Cda da parte di Dario Fruscio, manager (ex Eni, eccetera) da sempre vicino alla Lega bossian-maroniana. “Ho mandato il Cv da solo, non ho sentito nessuno”, spiega lui. Per la presidenza, invece, si pensa a un nome di grido, più noto al pubblico, come Carlo Freccero, Milena Gabanelli o Ferruccio De Bortoli.

L’aria che tira tra Salvini e Di Maio, dunque, è quella di mettersi d’accordo su un manager terzo come dg e una figura di alto profilo come presidente. Sul cda, invece, l’idea è non fare prigionier­i e prendersi 6 consiglier­i su 7 (l’ultimo è quello eletto dai dipendenti di Viale Mazzini) con l’unico dubbio se lasciare o meno uno strapuntin­o a Forza Italia, se non dovesse avere la presidenza della commission­e di Vigilanza sulla Rai.

Poi, in autunno, toccherà a un altro capitolo caldo, quello di reti e tg. E sull’informazio­ne Salvini punta molto: “I Tg Rai sono vecchi. In queste settimane sto vedendo un’opera di disinforma­zione a reti quasi unificate”. Le voci che arrivano da Via Bellerio descrivono il seguente schema: Tg1 governativ­o e istituzion­ale, Tg2 vicino alla Lega, Tg3 vicino al M5S. Per la prima

Tabula rasa

I due partiti di governo occuperann­o il cda: l’unico dubbio è se lasciare il Tg3 al Pd

volta dalla sua nascita, dunque, il partito erede del Pci dovrebbe sloggiare dalla terza rete. Uno schema alternativ­o, invece, vedrebbe un Tg1 istituzion­ale filo-grillina, il Tg2 alla Lega e il Tg3 vicino al centrosini­stra. L’importante, per Salvini, è che un telegiorna­le sia sensibile alle sue posizioni. Ma si sa che al leader della Lega preme molto anche il ruolo dei Tg regionali, ora diretti da Vincenzo Morgante. La battaglia per la guida di viale Mazzini nel prossimo triennio è ormai nel vivo.

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Ansa Difficile accordo Luigi Di Maio e Matteo Salvini

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