La linea Trump su Israele: Gaza resta ad Hamas
“Piano del secolo” I punti-chiave che Kushner, genero del presidente, sta discutendo con i Paesi del Medio Oriente: addio “Due popoli, due Stati”
L’accordo del secolo”come piace definirlo alla Casa Bianca - che appare come un pericoloso spettro nella Muqata di Ramallah e una inquietante ombra nel palazzo reale di Amman, rende invece baldanzosi gli alfieri della grande “allenza sunnita”, i sauditi e le altre petro-monarchie del Golfo Persico. Pur mantenendo un altro grado di indeterminatezza, “l’accordo del secolo” ha cominciato a disvelare qualche impostazione, ruoli e competenze, nel Medio Oriente disegnato dal presidente Donald Trump. Il genero Jared Kushner e l’inviato della Casa Bianca per Medio Oriente Jason Greenblatt stanno tastando il terreno nelle capitali arabe. Con risultati controversi. Re Abdallah di Giordania subito dopo averli incontrati si è precipitato a Washington per parlare direttamente con il presidente e spiegare che il contenuto di quel piano mina alla base la stabilità del suo traballante regno e segnerebbe la fine del ruolo della dinastia hashemita. Così come ridisegna il ruolo dell’Anp di Abu Mazen, l’offerta di Trump non è negoziabile: prendere o lasciare.
GERUSALEMME “L’accordo del secolo” toglie Gerusalemme Est dalle trattative. Gli americani stanno infatti programmando di offrire ai palestinesi Abu Dis, piuttosto che Gerusalemme Est come la capitale del loro Stato. Si era già parlato di questo villaggio contiguo a Gerusalemme Est già ai tempi di Arafat. In cambio, Israele si ritirerà da tre a cinque villaggi e dai quartieri arabi a est e a nord di Gerusalemme. La Città Vecchia - e i luoghi santi - rimarranno nelle mani di Israele.
La proposta di Trump apparentemente non include l’evacuazione di insediamenti israeliani isolati, e certamente non un compromesso sui grandi settlements: oltre 350.000 coloni vivono oltre la Linea Verde. La Valle del Giordano rimarrà sotto il pieno controllo israeliano e lo Stato palestinese sarà smilitarizzato, senza esercito o armi pesanti.
Se questa è davvero l’offerta finale è molto lontano da ciò che i palestinesi chiedono. Ma anche molto lontano dalla soluzione seguita per oltre vent’anni da Unione europea e Onu. Gli edulcoranti che Trump offrirà ai palestinesi sono principalmente economici: un enorme pacchetto di incentivi, in parte finanziato dall’Arabia Saudita e dagli altri Stati del Golfo.
Questo sarebbe un duro colpo per il ruolo di re Abdallah come tutore dei luoghi santi islamici di Gerusalemme. Questo status è uno dei capisaldi della legittimità del suo governo in patria, che viene costantemente messa in discussione.
Ma il sovrano deve anche fare i conti con una crisi economica catastrofica. Per sanare il suo deficit - 40 miliardi di dollari - avrà i fondi necessari da Stati Uniti e Arabia Saudita soltanto se accetterà “l’accordo del secolo” proposto di Trump. Nelle strade di Amman la chiamano “estorsione”. Sarà difficile per il so- vrano, 42° discendente del Profeta, resistere.
UNRWA ADDIO Saeb Erekat, il capo dei negoziatori palestinesi, ne è certo: l’obiettivo di Trump “è quello di abbattere la leadership palestinese e sostituire Abu Mazen”. Il passo successivo, prevede, sarà poi quello di esautorare l’Unrwa - l’agenzia Onu per i rifugiati - in modo che i fondi destinati ai rifugiati vadano direttamente ai Paesi che li ospitano. In questo modo, ver- rebbe sfilato dal negoziato anche il problema dei rifugiati, una delle questioni più difficili nel conflitto israelo-palestinese. Gli Usa hanno già annunciato che non verseranno la loro quota all’Unrwa dal 2019, costringendo così l’Agenzia a limitare le sue attività.
GAZA Un consigliere diplomatico della Muqata non ha dubbi. “Il piano poi mira a dividere Gaza dalla Cisgiordania e fornire una soluzione economica per gli abitanti della Striscia rafforzando Hamas, quindi evitando negoziati diplomatici sul futuro della Palestina”. “L’accordo del secolo” prevede di stabilire una zona di libero scambio tra Gaza e El-Arish nel Sinai, dove sono previsti cinque grandi progetti industriali. In accordo con le richieste israeliane, gli impianti saranno realizzati in Egitto, che supervisionerà le operazioni e il passaggio dei lavoratori da Gaza al Sinai. Due terzi degli operai arriveranno da Gaza, un terzo dagli abitanti egiziani locali. Successivamente verrà costruito un porto egiziano-palestinese e una stazione per l’energia solare. Il governo di Gaza rimarrà sotto il controllo di Hamas ma sarà in pieno coordinamento con l’Egitto, che negli ultimi mesi ha avuto intensi colloqui con Hamas sulle procedure di controllo ai valichi di frontiera. Questa è la parte del piano che piace al presidente egiziano Al Sisi, meno quella su Gerusalemme. Ma soprattutto resta il fatto che in questo modo muore la “soluzione due popoli per due stati” perseguita da 24 anni dalla comunità internazionale per veder nascere quella “tre stati per due popoli”, che piace solo ad Hamas perché avrà di fatto un suo mini-Stato.
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