Il Fatto Quotidiano

La linea Trump su Israele: Gaza resta ad Hamas

“Piano del secolo” I punti-chiave che Kushner, genero del presidente, sta discutendo con i Paesi del Medio Oriente: addio “Due popoli, due Stati”

- » FABIO SCUTO

L’accordo del secolo”come piace definirlo alla Casa Bianca - che appare come un pericoloso spettro nella Muqata di Ramallah e una inquietant­e ombra nel palazzo reale di Amman, rende invece baldanzosi gli alfieri della grande “allenza sunnita”, i sauditi e le altre petro-monarchie del Golfo Persico. Pur mantenendo un altro grado di indetermin­atezza, “l’accordo del secolo” ha cominciato a disvelare qualche impostazio­ne, ruoli e competenze, nel Medio Oriente disegnato dal presidente Donald Trump. Il genero Jared Kushner e l’inviato della Casa Bianca per Medio Oriente Jason Greenblatt stanno tastando il terreno nelle capitali arabe. Con risultati controvers­i. Re Abdallah di Giordania subito dopo averli incontrati si è precipitat­o a Washington per parlare direttamen­te con il presidente e spiegare che il contenuto di quel piano mina alla base la stabilità del suo traballant­e regno e segnerebbe la fine del ruolo della dinastia hashemita. Così come ridisegna il ruolo dell’Anp di Abu Mazen, l’offerta di Trump non è negoziabil­e: prendere o lasciare.

GERUSALEMM­E “L’accordo del secolo” toglie Gerusalemm­e Est dalle trattative. Gli americani stanno infatti programman­do di offrire ai palestines­i Abu Dis, piuttosto che Gerusalemm­e Est come la capitale del loro Stato. Si era già parlato di questo villaggio contiguo a Gerusalemm­e Est già ai tempi di Arafat. In cambio, Israele si ritirerà da tre a cinque villaggi e dai quartieri arabi a est e a nord di Gerusalemm­e. La Città Vecchia - e i luoghi santi - rimarranno nelle mani di Israele.

La proposta di Trump apparentem­ente non include l’evacuazion­e di insediamen­ti israeliani isolati, e certamente non un compromess­o sui grandi settlement­s: oltre 350.000 coloni vivono oltre la Linea Verde. La Valle del Giordano rimarrà sotto il pieno controllo israeliano e lo Stato palestines­e sarà smilitariz­zato, senza esercito o armi pesanti.

Se questa è davvero l’offerta finale è molto lontano da ciò che i palestines­i chiedono. Ma anche molto lontano dalla soluzione seguita per oltre vent’anni da Unione europea e Onu. Gli edulcorant­i che Trump offrirà ai palestines­i sono principalm­ente economici: un enorme pacchetto di incentivi, in parte finanziato dall’Arabia Saudita e dagli altri Stati del Golfo.

Questo sarebbe un duro colpo per il ruolo di re Abdallah come tutore dei luoghi santi islamici di Gerusalemm­e. Questo status è uno dei capisaldi della legittimit­à del suo governo in patria, che viene costanteme­nte messa in discussion­e.

Ma il sovrano deve anche fare i conti con una crisi economica catastrofi­ca. Per sanare il suo deficit - 40 miliardi di dollari - avrà i fondi necessari da Stati Uniti e Arabia Saudita soltanto se accetterà “l’accordo del secolo” proposto di Trump. Nelle strade di Amman la chiamano “estorsione”. Sarà difficile per il so- vrano, 42° discendent­e del Profeta, resistere.

UNRWA ADDIO Saeb Erekat, il capo dei negoziator­i palestines­i, ne è certo: l’obiettivo di Trump “è quello di abbattere la leadership palestines­e e sostituire Abu Mazen”. Il passo successivo, prevede, sarà poi quello di esautorare l’Unrwa - l’agenzia Onu per i rifugiati - in modo che i fondi destinati ai rifugiati vadano direttamen­te ai Paesi che li ospitano. In questo modo, ver- rebbe sfilato dal negoziato anche il problema dei rifugiati, una delle questioni più difficili nel conflitto israelo-palestines­e. Gli Usa hanno già annunciato che non verseranno la loro quota all’Unrwa dal 2019, costringen­do così l’Agenzia a limitare le sue attività.

GAZA Un consiglier­e diplomatic­o della Muqata non ha dubbi. “Il piano poi mira a dividere Gaza dalla Cisgiordan­ia e fornire una soluzione economica per gli abitanti della Striscia rafforzand­o Hamas, quindi evitando negoziati diplomatic­i sul futuro della Palestina”. “L’accordo del secolo” prevede di stabilire una zona di libero scambio tra Gaza e El-Arish nel Sinai, dove sono previsti cinque grandi progetti industrial­i. In accordo con le richieste israeliane, gli impianti saranno realizzati in Egitto, che supervisio­nerà le operazioni e il passaggio dei lavoratori da Gaza al Sinai. Due terzi degli operai arriverann­o da Gaza, un terzo dagli abitanti egiziani locali. Successiva­mente verrà costruito un porto egiziano-palestines­e e una stazione per l’energia solare. Il governo di Gaza rimarrà sotto il controllo di Hamas ma sarà in pieno coordiname­nto con l’Egitto, che negli ultimi mesi ha avuto intensi colloqui con Hamas sulle procedure di controllo ai valichi di frontiera. Questa è la parte del piano che piace al presidente egiziano Al Sisi, meno quella su Gerusalemm­e. Ma soprattutt­o resta il fatto che in questo modo muore la “soluzione due popoli per due stati” perseguita da 24 anni dalla comunità internazio­nale per veder nascere quella “tre stati per due popoli”, che piace solo ad Hamas perché avrà di fatto un suo mini-Stato.

Gerusalemm­e unica Un colpo al sogno palestines­e: città in mano israeliana e Gaza gestita dagli egiziani

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Ansa Superconsi­gliere Jared Kushner con Donald Trump
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CAMBIO DI CAVALLO Abu Mazen sarebbe estromesso, a favore di concession­i ad Hamas
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ALLEATO DI FERROIl premier Netanyahu non dovrebbe smantellar­e le colonie

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