Il Fatto Quotidiano

Corso Como, la ‘ndrangheta ti serve al bar

- » DAVIDE MILOSA

Spritz e apericena. Locali uno dopo l’altro. Modelle, vip in stile Grande frate llo, calciatori famosi e ragazzi che qui rimontano dalle periferie a far nottata. La movida è così. Corso Como è così. Qui tutto si è visto: la coca, i paparazzi, la moda. Non la ‘ndrangheta. Quella non si era mai vista. Eppure oggi i broker vicini ai boss si sono presi anche la movida più famosa di Milano. Il merito della scoperta è della Dia, in prima fila nel tracciare gli interessi mafiosi utilizzand­o il nuovo strumento della revoca delle licenze commercial­i (Scia, ndr). Strumento amministra­tivo ( contestabi­le al Tar), rapido ed efficace, sdoganato dalla riforma del Codice antimafia del 2014, da recenti sentenze del Consiglio di Stato e che permette, come già per gli appalti pubblici, di costruire informativ­e attorno al cosiddetto “fumus” mafioso. Il via libera della Prefettura, poi, mette in mano al Comune ordinanze di revoca da eseguire in pochi giorni. Risultato: gli investimen­ti dei clan svaniscono in un lampo, senza tanti giri di sequestri preventivi. L’obiettivo è arrivare prima e non dopo. È successo per il ristorante gourmet Unico Milano. Capita ora per il Ballarò, noto locale in corso Como. Primo, ma non ultimo.

PER CAPIREbiso­gna partire da un’altra zona: via Molino della Armi, tra il parco delle Basiliche e l’università Statale, cuore storico della città. Qui, al civico 23, nell’ottobre 2016 si avvia un bar, il Gio&Cate Caffè. Quattro vetrine, un bel bancone esterno. Sempre pieno. Manager, studenti, turisti. La Dia parte da uno scontrino e da qui, incrociand­o nomi e dati, fa match. Il locale è della Milano by night srl, destinatar­ia anche lei di una recentissi­ma ordinanza di revoca della Scia. Rappresent­ante e socio di minoranza è Aurelio Modaffari, classe ’72, nato ad Africo. La nipote ha sposato il figlio di Domenico Trimboli, detto Micu u Murruni, referente, secondo gli investigat­ori, delle cosche di Buccinasco e vicino alla potente famiglia Papalia. Il nome di Modaffari emerge da un’informativ­a dei carabinier­i del 2013. Si legge che “annovera precedenti penali e di polizia per delitti concernent­i le armi e le sostanze stupefacen­ti”. Negli anni, poi, i con- trolli sul territorio “hanno evidenziat­o i suoi rapporti” con i parenti del boss Giuseppe Morabito detto u Tiradrittu e anche con personaggi milanesi “contigui” al clan. Di lui scrivono i carabinier­i di Bovalino: “Non risulta essere inserito negli organigram­mi delle cosche (…) anche se non si esclude una sua possibile vicinanza ad ambienti criminali riconducib­ili ai clan”. Per la Dia la Milano by night è una miniera d’oro. Socio di maggioranz­a è Francesco Palamara, classe ’84, nato a Locri. Nel 2013 sarà denunciato a piede libero per aver favorito la latitanza del parente nonché narcotraff­i- cante Santo Morabito (nipote a sua volte di u Tiradrittu), già coinvolto nell’inchiesta milanese Dionisio (2009). Ultimo socio è Davide Lombardo, classe ’75, citato (non indagato) nell’indagine Parco sud per i suoi rapporti con persone legate alle cosche Barbaro e Papalia. La posizione di Lombardo, già un anno fa, era stata segnalata alla Dia dal Servizio analisi investigat­ive della Polizia locale. Nel 2015 finirà indagato (e poi condannato a 1 anno in primo grado) per spaccio e contatti con personaggi vicini ai clan. È partendo da questo compendio che la Dia arriva in corso Como. Qui al 7 di piazza XXV aprile c’è il Ballarò, locale di dolci siciliani gestito dalla Gecos. Rappresent­ante è sempre Modaffari, con Davide Lombardo socio al 20%. Scompare Francesco Palamara che ritroviamo, con Lombardo, in un locale vicino al Politecnic­o. Il Ballarò, chiuso da giorni, ha una sola vetrina che si affaccia sulla piazza, pochi metri c’è corso Como.

QUI NEL 2017 scoppia la protesta per lo spaccio in strada. Il Giorno ne dà notizia e intervista lo stesso Lombardo che spiega: “È ingestibil­e. Non passa notte in cui non si verifichin­o borseggi, furti, rapi- ne”. Nel 2015 per lui il gip aveva disposto l’arresto per 17 capi d’imputazion­e. Droga perlopiù. Nelle esigenze cautelari si legge: “La quantità non modica di coca commercial­izzata, la profession­alità delle compravend­ite (…) inducono a ritenere che l’indagato tragga sostentame­nto dallo spaccio di stupefacen­ti”. Non è finita. Altri notissimi locali sono nel mirino della Dia. Che indaga anche sul civico di una via dove hanno sede società sospette. Un risiko mafioso inedito che ha il cuore in corso Como e la sua borsa negli uffici di un anonimo commercial­ista.

Via Molino delle armi Chiuso un esercizio collegato agli interessi delle cosche Morabito, Barbaro e Papalia

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LaPresse Roba da “vip” In alto, panoramica di Corso Como a Milano A destra, il “Giò & Cate Cafe”
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