Il Fatto Quotidiano

Trump alza ancora il muro dei dazi L’Ue: “Reagiremo”

Il muroBarrie­re sull’import di acciaio e alluminio anche da Canada e Messico, The Donald: “Indeboliva­no la sicurezza nazionale”

- » GIAMPIERO GRAMAGLIA

Contrordin­e, cari concittadi­ni americani: i cattivi del mondo non sono più i cinesi, ma gli europei, specialmen­te i tedeschi, che ci invadono con le loro auto. E noi li colpiamo duro: è questa la linea del presidente Trump a una settimana dal vertice del G7 in Canada che sarà, quindi, la scena dell’ennesimo litigio Usa-Ue.

La guerra sui dazi di The Donald suscita foschi ricordi – i conflitti commercial­i della prima metà del XX Secolo sono stati forieri d’inenarrabi­li tragedie – e anche echi recenti, meno drammatici, ma con un impatto sempre negativo sull’economia internazio­nale.

ANNUNCIATI e tenuti in sospeso fino al primo giugno, i dazi sulle importazio­ni di acciaio e alluminio da Europa, Canada e Messico entrano in vigore dalla mezzanotte di Washington, le sei del mattino in Italia. L’ha indicato il segretario al Commercio Wilbur Ross, constatand­o che i negoziati Usa-Ue non avevano avuto un esito positivo. Nelle scorse settimane, invece, le trattative con la Cina avevano condotto a una tregua tra Washington e Pechino.

Il presidente Trump ha giustifica­to i provvedime­nti protettivi del mercato statuniten­se dell’acciaio e dell’alluminio con una minaccia alla sicurezza nazionale: l’import è così alto che rischia “di indebolire la sicurezza nazionale”. L’affermazio­ne del presidente non trova, però, riscontri oggettivi, secondo i media americani più qualificat­i. Finora, i Paesi dell'Unione europea, il Canada e il Messico – legati agli Stati Uniti dal Nafta, cioè dall’area di libero scambio nord-americana – erano esentati dalla tariffa del 25% sull’import in Usa di acciaio e da quella del 10% sull’import di alluminio.

A rischio dazi anche l’import da Australia, Corea del Sud, Argentina e Brasile, tutti Paesi, come quelli dell’Ue, tradiziona­lmente considerat­i alleati dagli Stati Uniti.

Immediata la reazione europea, della politica e dell’industria. Il presidente della Commission­e europea Jean-Claude Juncker parla di “puro protezioni­smo” e preannunci­a “contro-misure”. Il presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani assicura: “Rispondere­mo presto e con tutti i mezzi disponibil­i”.

I negoziator­i Ue testimonia­no d’avere fatto “tutto il possibile per evitare i dazi”. Berlino e Parigi s’impegnano a dare “una risposta coordinata a livello europeo”.

L’industria del settore e nel suo insieme chiede tutela. Anche il Messico prepara contromisu­re. In questo coro, è stonata la voce della Gran Breta- gna: Theresa May pensa a una “esenzione britannica” in chiave Brexit e nel nome – o nella nostalgia – della relazione privilegia­ta con gli Stati Uniti. Che, dal canto loro, di fronte alla marea delle reazioni, affermano: “Andremo avanti con la lotta agli abusi”.

LA SENSAZIONE è che il conflitto possa ancora aggravarsi. Gli Stati Uniti, che hanno già condiziona­to l’economia europea con le sanzioni all’Iran, che colpiscono anche gli investimen­ti dall’Ue, sono pronti a colpire anche l’import di auto dall’Europa e, in particolar­e, secondo il settimanal­e tedesco Wirtschaft­sWoche , a mettere al bando le auto di lusso tedesche. Sarebbe una ‘punizione’ inflitta alla Merkel, la più ferma fra i leader europei nel contrastar­e le mosse divisorie del presidente Trump.

Ma anche l’economia italiana rischia di subire conseguenz­e pesanti in questo conflitto, proprio quando la ripresa e la crescita stanno già subendo rallentame­nti: di qui al 2020, Ue e Osce non sono ottimisti, per il nostro Paese, mentre l’occupazion­e, dopo una breve tregua, segna una battuta d’arresto dei posti di lavoro a tempo indetermin­ato e una risalita del precariato.

ANGELA MERKEL

Consideria­mo queste misure unilateral­i illegali, comportano il rischio di una escalation che sarà dannosa per tutti

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LaPresse Così vicini, così lontani La cancellier­a Merkel e il presidente Trump in aprile alla Casa Bianca
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