Il Fatto Quotidiano

Con le sanzioni si fermano gli investimen­ti italiani in Iran e lo Stato rischia 5 miliardi

L’espansione delle Ferrovie, incognita sulle garanzie pubbliche

- » STEFANO FELTRI

Nel migliore dei casi non succederà niente: in queste ore al ministero degli Esteri l’opinione prevalente è che quello di Donald Trump sia un bluff. Dice di ritirarsi dall’accordo sul nucleare con l’Iran del 2015 ma rinvia l’effetto della decisione di tre mesi, così lascia tempo ai partner ragionevol­i – cioè il governo di Teheran e l’Unione europea – per ridiscuter­e le condizioni con impegni più vincolanti e poi presenterà all’opinione pubblica americana il risultato come un successo della Casa Bianca.

ANCHE L’INCERTEZZA però ha delle conseguenz­e sulle scelte delle imprese italiane che da due anni hanno puntato all’apertura del mercato iraniano. Da agosto, per esempio, le Ferrovie dello Stato guidate da Renato Mazzoncini hanno smesso di parlare del loro maxi- progetto, lo sviluppo dell’Alta velocità iraniana nella tratta Qom-Arak e Teheran- Hamedan. Un contratto da oltre 1,2 miliardi di euro in cordata con la compagnia locale Rai. In questo contesto meglio non fare neppure un comunicato stampa o una dichiarazi­one, tutto congelato.

Gli scambi commercial­i tra Italia e Iran sono arrivati al picco di 7 miliardi nel 2011 per crollare a 3,6 nel 2012 con le prime sanzioni volute dagli Stati Uniti. Tra 2016 e 2017, grazie all’accordo propiziato dall’ex presidente Usa Barack Obama, c’è stato un nuovo boom – da 2,6 a 5,1 miliardi – che rischia però di essere di breve durata.

Il governo Renzi e poi quello Gentiloni hanno scommesso sul legame preferenzi­ale con Teheran (l’Italia è il primo partner commercial­e in Europa) al punto da infilare nella legge di Stabilità 2018 una norma che ha molto irritato il governo di Israele, primo avversario dell’Iran nell’area. Il ministero del Tesoro ha preso l’iniziativa per sbloccare 5 miliardi di finanziame­nti con questo schema: il soggetto iraniano si impegna nell’acquisto di beni, servizi o infrastrut­ture dall’impresa italiana e si fa finanziare la commessa dalle banche iraniane Bank of Industry and Mine e Middle East Bank che hanno una garanzia dalla Repubblica Islamica. Ma poiché resta il rischio Paese (tradotto: il governo di Teheran cade o decide di chiudere i rubinetti o è costretto a farlo da eventuali nuove sanzioni), serve anche una garanzia dal lato italiano. Che ammonta a ben 5 miliardi di euro.

Invitalia Global La norma per agevolare l’export italiano può trasformar­si in un salasso per le casse pubbliche

SI TRATTA di un’assicurazi­one concessa da Invitalia Global Investment, una controllat­a di Invitalia, società pubblica che deve facilitare gli investimen­ti esteri. C’è il piccolo problema che le risorse

stanziate a fronte dei 5 miliardi di garanzia sono soltanto 120 milioni di euro per il 2018. Se sale il rischio politico – come inevitabil­e nel caso di nuove sanzioni americane – aumenta anche la possibilit­à che lo Stato italiano debba pagare somme rilevanti nel caso saltino gli investimen­ti finanziati.

Perché il vero danno di nuove sanzioni Usa sarebbe proprio sul sistema finanziari­o: se si torna al livello del 2013, le banche europee e quindi anche italiane, devono scegliere se operare nel mercato americano o in quello iraniano, non possono fare entrambe le cose. Intesa Sanpaolo ha già dovuto pagare u- na pesante sanzione da 236 milioni di dollari a fine 2016 per non aver vigilato sulle operazioni con contropart­i iraniane, mancavano cioè i controlli per assicurars­i che i soldi non finissero a soggetti colpiti da sanzioni.

LA MINACCIA delle sanzioni rischia di complicare gli investimen­ti dell’Iran nel settore strategico per la Repubblica islamica, cioè l’estrazione di petrolio, ma anche in altre fonti di preziose commesse per le imprese europee. Iran Air, per esempio, dopo la fine delle sanzioni aveva ordinato 118 nuovi velivoli Airbus, con il piano di arrivare a 500 nuovi aerei in dieci anni. Ora è tutto in forse.

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LaPresse Ritorno al passato Manifestan­ti davanti all’ex ambasciata americana a Teheran bruciano una foto di Trump

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