Siena col rottame di Mps non interessa più ai partiti
Outsider Un esercito di 9 aspiranti sindaci, quasi tutti “nascosti” nelle liste civiche. I Cinque Stelle ancora senza un candidato
Due eretici e un outside r. A Siena tra un mese si vota. Ma la città, ancora tramortita dalla devastazione del Monte dei Paschi, è in balia pure delle incertezze politiche uscite dalle urne di marzo. Così i senesi si trovano a dover scegliere tra un esercito di nove aspiranti sindaci, nessuno espressione diretta di un partito. Persino il Movimento 5 Stelle, che sin dal 2011 e in solitudine ha denunciato le nefandezze di Rocca Salimbeni, è senza candidato. Mentre il centrodestra, dopo litigi e veti, ha deciso di accodarsi e sostenere la lista civica dell’avvocato indipendente Luigi de Mossi ma poi una parte di Lega è fuoriuscita, ha creato un nuovo movimento per sostenere un’altra civica di un altro candidato: Massimo Sportelli.
INFINE IL PD, che prima ha rinnegato il suo sindaco uscente, Bruno Valentini, sostenendo che non lo avrebbe ripresentato (tanto che lui annunciò una sua eventuale lista civica) e poi nel tentativo di epurarlo ha indetto le primarie alle quali però non è riuscito a presentare nessuno, quindi le hanno cancellate e dopo la Caporetto del 4 marzo il Pd si è accontentato di Valentini senza renderlo pubblico. Lo ha fatto lui: “Ci abbiamo messo un po’ troppo, ma il Pd alla fine ha deciso, sarò il candidato sindaco”. Un eretico a metà. Ma non è l’unico. Tra i nove aspiranti sindaci oltre a De Mossi e Valentini ce n’è un terzo che a dire dei sondaggi può realisticamente puntare al ballottaggio ed è Pierluigi Piccini, l’eretico del centrosinistra per eccellenza.
Già sindaco dal 1990 al 2001, recordman assoluto di preferenze con il 60% dei voti conquistati nel 1997 con l’Ulivo, prima Pds poi Ds, Piccini venne espulso nel 2004 perché accusato di aver appoggiato alle amministrative di quell’anno candidati esterni al partito. Segretario provinciale dei Ds era Franco Ceccuzzi, l’ultimo sindaco dell’epoca d’oro di Mps, dei tempi in cui il Comune nominava la maggioranza dei consiglieri della Fondazione, allora padrona della banca. Tale era il potere esercitato dal primo cittadino che Ceccuzzi per sedersi alla guida del Comune si dimise da Montecitorio e lasciò la commissione Finanze. Ma rimase in carica appena un anno: nel giugno 2012 il suo stesso partito, il Pd, gli fece mancare i numeri in aula. Perché? Perché Ceccuzzi non aveva eseguito le direttive ricevute per le nomine Mps e la componente ex Margherita non la prese bene.
Erano altri tempi. Altri in- Un
pasticcio a cui il renzianissimo sindaco di Firenze, Dario Nardella, dovrà trovare rimedio il prima possibile. L’elezione del nuovo presidente del Consiglio comunale fiorentino si è trasformata da subito in un caso politico, che adesso rischia di diventare un boomerang per il primo cittadino.
LUNEDÌ SCORSO, infatti, era prevista l’elezione del nuovo presidente dell’a s se mb le a dopo le dimissioni di Caterina Biti (eletta con il Pd al Senato lo scorso 4 marzo) e per la poltrona erano candidati due consiglieri del Partito Democratico: Andrea Ceccarelli e Massimo Fratini.
Come da consuetudine, il gruppo consiliare democratico si è subito spaccato sui due nomi e così alla fine ha teressi. Un’altra Siena. Un altro Mps.
“Credo sia per questo che la politica mostra meno impegno qui da noi”, dice sconsolato Luca Furiozzi, il candidato in pectore del Movimento 5 stelle: sarebbe il decimo a correre per la poltrona di sindaco ma lo staff nazionale non ha ancora deciso se concedergli l’uso del simbolo e ormai sembra rassegnato: “Sono piuttosto pessimista, il termine per raccogliere e depositare le firme per le liste è sabato matti- deciso il sindaco, cercando di tenere unito il partito: Ceccarelli eletto e Fratini nuovo assessore (senza indicarne le deleghe). Problema: secondo l’articolo 47 del Testo Unico degli enti locali, nei Comuni con una popolazione tra 250 mila e 500 mila abitanti come Firenze, la giunta può essere composta al mas- na”. Ha fatto quasi tutto da solo, invece, Valentini. Che nonostante il tentativo di boicottaggio da parte del Pd, martedì ha comunicato che “dopo mesi di liti interne” è persino riuscito a far approvare la lista dei suoi 32 candidati. L’eretico a metà punta al ballottaggio. Pure Piccini, l’altro eretico, ritiene scontato arrivarci. Idem l’outsiderDe Mossi che seppur abbia perso un pezzo di Lega confida nel ri nsa vim ento dei senesi. “Se non cambiano ora, dopo tutto quello che è successo”.
Di fatto è dal 1946, dalle prime elezioni comunali dopo il fascismo, che il sindaco di Siena è sempre stato espresso dal centrosinistra. “La questione è molto semplice: bisogna evitare che il partito che ha distrutto questa città, le sue eccellenze, la sua storia e la Fondazione, facendola capitombolare da un valore di circa 5 miliardi di euro a poco più di 400 milioni, e, nel contempo, ha polverizzato praticamente l’intera partecipazione nella banca Monte dei Paschi, continui a fare danni”, attacca De Mossi. Da settimane invita Valentini a partecipare a un confronto pubblico. E da settimane Valentini glissa. “In un mondo normale il Pd si sarebbe vergognato e ritirato in buon ordine”, dice ancora l’avvocato.
MAGARI IL SINDACO uscente condivide. E magari avrebbe preferito essere eretico non a metà ma per intero. Come Piccini. Che ha ricevuto il sostegno di molti ex (ex Pd, ex Forza Italia, ex M5S) e guarda con distacco i due litiganti sperando di spuntarla.
Del resto lui, cacciato dal partito e dal partito sbarrato nel 2001 sulla soglia della presidenza della Fondazione, conosce bene Siena e senesi, banca e politici.
“C’è da ricostruire tutto, quindi non ci vogliono persone inesperte come De Mossi, ma nemmeno chi ha contribuito al degrado come Valentini: serve concretezza”. Ma certo, come scriveva Dante già nel 1300: “Or fu già mai gente sì vana come la sanese?”.
Il primo cittadino
Il Pd ha provato a rinnegare Valentini, poi si è accorto che non aveva alternative