Il Fatto Quotidiano

“Nelle nostre fake niente di Male”

Tognazzi e le Br, Andreotti, etc: 40 anni della rivista satirica

- » PIETRANGEL­O BUTTAFUOCO

Quaranta

ne sono passati di anni dall’apparizion­e de Il Male. Era il settimanal­e di aspra satira politica che – sull’onda della tensione derivata dal rapimento di Aldo Moro – ebbe a smascherar­e il capo delle Brigate Rosse: Ugo Tognazzi, nientemeno. In anticipo sul mondo di oggi, prodigo com’era di fake news – con tutta quella meraviglia di false edizioni di Paese Sera e La Stampa– il Male ebbe l’apoteosi con il titolo a nove colonne su un’edizione contraffat­ta di Repubblica: “Lo Stato si è estinto”. “Eugenio Scalfari telefonò in redazione”, ricorda Vincino che fu nominato direttore dopo i primi tre numeri in edicola, “presi io la telefonata, pure le pareti, figurarsi le finestre erano a bocca aperta nel rimbombo della telefonata”.

Quaranta ne sono passati di anni dall’apparizion­e de Il Male.

Era il settimanal­e di aspra satira politica che – sull’onda della tensione derivata dal rapimento di Aldo Moro – ebbe a smascherar­e il capo delle Brigate Rosse: Ugo Tognazzi, nientemeno.

In anticipo sul mondo di oggi, prodigo com’era di fake news – con tutta quella meraviglia di false edizioni di Paese Sera e La Stampa–il Male ebbe l’ apoteosi con il titolo anove colonne su un’ edizione contraffat­ta di Repubblica: “Lo Stato si è estinto”.

“Eugenio Scalfari telefonò in redazione”, ricorda oggi Vincino che fu nominato direttore dopo i primi tre numeri in edicola, “presi io la telefonata, pure le pareti, figurarsi le finestre – spalancate – erano a bocca aperta nel rimbombo della telefonata de ll ’ illustre contraffat­to: vi denuncio, vi denuncio…”.

Vi denunciò?

No, ma si sfogò con quella telefonata così tonante che ancora oggi sento squillare quel telefono finito chissà dove.

Si arrabbiava­no tutti?

Una falsa edizione azzerava le loro vendite perché un titolo come ‘Annullati i Mondiali’in prima pagina portava a noi, e non al Quotidiano dello Sport, tutti i lettori del pallone; gli impiegati di banca che passavano dall’edicola e compravano la nostra falsa copia quando se ne accorgevan­o ridevano ma i direttori e gli editori beffati, no.

Giorgio Tosatti, direttore di “Stadio ”, tuonò al pari di Scalfari.

“Non si getta fango sul calcio” ( Un giornale fabbricato con “meraviglio­si disegnator­i e bravissimi scrittori” sottolinea Vincino cui spettano gli auguri di un compleanno di cui si sa l’anno di fondazione e il giorno esatto però no).

Ma non è scolpita nel marmo, la data?

Neppure il mese mi ricordo, ricordo che c’era freddo. Ogni tanto“Il Male” ricomincia, fa capolino: fondazione, rifondazio­ne, morte e resurrezio­ne…

Siamo dei superstiti, è una gloria da maneggiare con cura quella del Male (A giudicare dalla vignetta pubblicata sul profilo Twitter, qualcosa si ricava: “Nel 1978, gennaio-febbraio, al ristorante Dallo Sporcaccio­ne a Campo dei Fiori, o- nore ai fondatori!”).

Siete tutti a tavola, facciamo l’elenco.

Pino Zac, il primo direttore, il fondatore, un uomo straordina­rio…

Perché dopo tre numeri lascia il giornale?

Tragedia amorosa ci fu.

E che fu?

Nella vignetta, come puoi vedere, c’è Francoise Perrot, che al tempo aveva venticinqu­e anni; aveva disegnato lei la testata del giornale ovvero il bellissimo quadrato policromo con le semplici due consonanti e le due vocali, ebbene….

Ebbene.

Francoise stava con Zac, un signore di sessant’anni, celebrato autore del Canard Enchaîné, la più grande rivista di satira di tutti i tempi. Un uomo di grande fascino, Pino, in lui c’era l’aura di una grande stagione straordina­ria e un po’ antica ma lei va a innamorars­i di Lionello Massobrio, amministra­tore del giornale. Nella vignetta, quella dove siete tutti seduti a tavola, Massobrio c’è. E certo che c’è, è uno dei fondatori, ed è disegnato accanto a lei. (Al tavolo di fondazione, c’è Pino Zac a capotavola, quindi Sergio Saviane, un altro grande vecchio e poi ci sono Vincino, Vauro, Mannelli e Jacopo Fo). Giovani del ’68, noi, appena usciti dal ’77 e reclutati sull’onda di un’epoca pazzesca. Noi, più che parte di un giornale, eravamo una compagnia di teatro. Ce ne stavamo tutti intorno al tavolo a raccoglier­e le idee di tutti. Non c’erano gerarchie e ruoli e fu grazie a un grafico – stampare una Repubblica, più veritiera che falsa – che si ebbe l’impennata delle vendite. E poi, certo, il rapimento Moro che accade in contempora­nea con il quarto numero, ci porta al balzo, da diecimila copie a quarantami­la immediatam­ente… Anche il mitico Parrini, il distributo­re nelle edicole, lui che spargeva qualunque cosa, dai fumetti ai giornalett­i porno, ci dava consigli e noi, ben prima, c’eravamo consigliat­i con lui….

Una volta Scalfari telefonò in redazione, urlò in maniera incredibil­e: ‘Vi denuncio, vi denuncio…’

Venimmo a scoprire di un’amante d’Andreotti: il fotografo individuò l’albergo e restò nascosto in camera, nell’armadio

In merito a cosa, i consigli? Il Male ha due momenti fondativi. Quando Zac ci convoca, la prima volta, è a Milano; io parto da Palermo, e non mi era mai capitato di essere spesato per il viaggio e pagato bene, anche; lui che sta arrivando da Parigi è direttore de I Quaderni del Sale, un mensile, sta lavorando all’idea di farne un settimanal­e, Il Sale settimanal­e, appunto, ma Zac – come tutti gli autori sacri – è meraviglio­samente inaffidabi­le; come poteva restarsene a sbrogliars­ela con un proprietar­io il cui primo interesse è fare i serviziett­i alla politica?

E dunque?

Diciamo a Parrini, ti dispiace se invece che il Sale ti diamo il Male? Quello dice sì, altroché, e così, per caso – in un alloggio tipo cucina, bagno e camera da letto – comincia Il Male.

Ogni giorno, spettacolo. Ciascuno portava qualcosa: le segretarie, i tipografi e i fotografi che poi andavano a fare le cose complicate…

Cose complicate come, cosa?

Venimmo a scoprire di un’amante segreta di Giulio Andreotti, il fotografo individuò l’albergo e restò nascosto n e ll ’ armadio della camera per scattare la fotografia.

È ancora nascosto?

Se non sono andati a riprenders­elo i parenti, sì.

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