PARIGI CON OCCHI DONNA DI I volti di Piergiorgio Branzi
Parigi: una ragazza si è appena sposata a Porte de Clignancourt, tutt’intorno un povero corteo di sorelle e nipoti. Mentre lei cammina sul selciato lucido di pioggia, portando in grembo dei fiori macilenti al braccio di un neo-marito che è ormai solo la copia sbiadita del ragazzo con cui passava gioiosi pomeriggi dietro Montmartre – dove oggi, come ricorda Roberto Giardina in Attraverso la Francia( Bompiani), sorge il muro dei je t’aime – un’altra donna ha invece disertato l’invito. Era pronta per il modesto ricevimento: i capelli raccolti in un morbido chignon e un pesante cammeo al collo, tanto per darsi un tono.
MA SUPERATA la soglia di casa, dopo aver indossato il lungo impermeabile chiaro lucido per ripararsi dal freddo e dall’acquerugiola, ha realizzato di non volerci più andare. S’incammina per le strade di Parigi, girovagando senza meta fino ad arrivare a Square Laurent-Prache, un piccolo parco meno noto accanto all’Abazia di Sa int - G erm ain e- d e- Pre s, dove sorge il monumento in memoria di Guillaume Apollinaire: un busto di 80 cm realizzato da Picasso nel 1959 che ancora oggi campeggia di fronte al caffè Les Deux Magots.
La donna sa che in realtà a essere ritratto non è il “bel faccione tondo” del poeta de ll ’ air de Paris ma Dora Maar, fotografa e pittrice, che fu di Picasso amante e musa.
Quando lui la lasciò per una ragazza più giovane, lei si rinchiuse in casa per non farsi mai più vedere da lui; così Picasso scolpì il volto di lei su quel busto posto di fronte al caffè del loro primo incontro. Per questo, allora, è lì, nel déhorsdi quello stes- so caffè, che la donna col cammeo decide di sedersi. Nella borsa una copia di Paris, France di Gertrude Stein, ordina un tè e inizia a leggere: “Parigi, Francia è entusiasmo e calma” (oggi riproposto da Elliot). Chiunque passi di lì in quel momento, potrebbe immaginarla sola, forse triste per questo.
EPPURE NON È così: il suo è un entusiasmo calmo, come suggerisce la scrittrice americana.
La testa mezzo inclinata e un sorriso sghembo, è divertita al pensiero di tutta quella pantomima del matrimonio che si è saggiamente evitata, le si legge in volto la strana allegrezza di chi non sta aspettando nessuno. Come non sta aspettando nessuno, nella piazza di Hotel De Ville un’altra donna. Anche lei adulta e vestita di tutto punto, il cappotto in tweed dei giorni di festa e la borsetta in mano, lascia freddare il tè mentre scruta l’orizzonte guardinga e re-
spira, poiché “respirare Parigi, conserva l’anima” mentre in testa canticchia “Non, rien de rien, non, je ne regret
te rien/ No, niente, no, non rimpiango niente”, la canzone con cui Édith Piaf nel 1960 dal palco dell’Olympia mostrò a tutte le donne di Francia che sebbene sgangherata e svilita, provata dall’alcol e abbandonata dall’ennesimo amore sbagliato, lei ancora c’era, lei ancora resisteva.
E STOICHE e forti di fronte a tutto, come intonate alle parole di Piaf, sono anche le donne fotografate da Piergiorgio Branzi, incontrate nei caffè, in metropolitana o mentre guardano le vetrine,
tutte colte in un istante di umano splendore e per questo in qualche modo amate da Branzi nella sua lunghissima esplorazione di Parigi, quasi un’ossessione d’amore ( Piergiorgio Branzi. Parigi 1954-2017– in mostra dal 5 ottobre all’1 dicembre, alla Galleria Contrasto di Milano).
SONO UN PO’ arrabbiate e un po’ insanguinate, un po’ perdute e un po’avventuriere, ma tutte ancora pronte a “ripartire da zero” c om e canta Edith stessa quella sera. Donne complici, amiche, consapevoli. Ognuna a proprio modo innamorata e mai davvero sola.
IN MOSTRA Le figure femminili immortalate ai tavolini dei caffè, appena sposate, intente a guardare le vetrine o a chiacchierare tra loro