Raid naziskin, 11 contro uno: “Ragazzo pestato per una maglietta ‘sbagliata’”
UNDICI CONTRO UNO, naziskin che compiono spedizioni punitive nel pieno centro di Mantova. Cercano un ragazzo, lo trovano, lo picchiano in mezzo alla gente.
Mantova sabato sera si è svegliata improvvisamente dal torpore estivo. Erano le ventitré, in via Calvi: siamo in uno dei centri storici più belli d’Italia. Quelle case basse pastello che rimandano alla campagna, ma anche allo splendore del vicino Palazzo Te. Lorenzo, un giovane di trent’anni, stava bevendo una birra in compagnia di un gruppo di amici. Non immaginava quel che stava per capitargli. Non aveva idea che qualcuno – un gruppo di naziskin – lo stesse cercando. La sua colpa: indossava, pare, la maglietta sbagliata.
D’un tratto i ragazzi – tra cui tre donne – vestiti di nero, teste rasate e svastiche tatuate sulle braccia sono piombati davanti al locale rovesciando tavoli e sedie: “Ti abbiamo cercato e ti abbiamo trovato”, hanno detto a Lorenzo. Poi hanno preso a insultarlo e a strattonarlo. “Ma che cosa volete?”, ha cercato di capire Lorenzo. Un tizio alto e grosso come un armadio gli è andato addosso e lo ha colpito in pieno volto con un pugno tremendo. E in strada è scoppiato un parapiglia. In un paio di minuti sono arrivate le volanti della polizia. Ma dei naziskin non c’era più traccia.
Erano già scappati. Ma non avevano finito il loro raid che evidentemente avevano preparato a lungo. Sono corsi – ha raccontato la
Gazzetta di Mantova – nella vicina piazza Virgiliana e hanno cominciato a distribuire volantini e adesivi: “Veneto Front Skinhead, Pro- getto Nazionale”. E ancora: sono andati a cercare la casa dove credevano vivesse il ragazzo - ma per errore si sono rivolti contro l’abitazione di un suo omonimo - e hanno inciso una svastica sulla porta. Missione compiuta, e sono svaniti nel nulla. Ma dietro di sé hanno lasciato troppi testimoni. Diverse persone li hanno riconosciuti. E poi ci sono le telecamere che la polizia sta esaminando in queste ore. Tutti sarebbero stati individuati e sette di loro sono stati denunciati dalla Digos. No, non una bravata, “ma un fatto estremamente grave che deve essere perseguito con decisione. Non è tollerabile”, come dice il questore Salvatore Pagliazzo Bonanno che ha partecipato a un vertice con il sindaco Mattia Palazzi (Pd).
Lorenzo è stato curato e poi dimesso dal pronto soccorso. Ma il punto non è più soltanto il raid di sabato sera. Nell’hinterland tra Mantova e Verona (da cui pare provengano i naziskin) ormai lo sanno bene: i gruppi di estrema destra imperversano. Si sono infiltrati tra le tifoserie calcistiche del veronese e i movimenti anti-immigrati. L’ultimo caso sono le aggressioni alla casa per i migranti a Ronvolevà (un paese del veronese a pochi chilometri da Mantova): sassi contro le finestre e le auto della cooperativa che gestisce la struttura. Poi pedinamenti dei ragazzi africani che vengono filmati, insultati (“Puzzate”) e minacciati. Fino alla profanazione di una tomba: quella del padre del vicesindaco del paese. Avrebbe avuto un approccio troppo tenero sul tema dell’accoglienza. Suo fratello è stato – erroneamente – ritenuto autore di un post su Facebook a favore dell’accoglienza. Tra Verona e Mantova non ce lo si può più permettere. Scattano i raid dei naziskin che adesso arrivano a picchiare i ragazzi per strada.