Londra, le 600 torri e l’“incubo Grenfell”
Si censiscono gli edifici che hanno un rivestimento simile a quello del rogo con 79 vittime
Igrattacieli
popolari a rischio potrebbero essere 600 nella sola Inghilterra: questo il numero delle torri dove è stato installato un rivestimento “simile” a quello usato per Grenfell Tower - trauma nazionale, 79 morti accertati, un numero imprecisato di dispersi, la prospettiva che ci vogliano mesi per identificarne i resti.
Downing Street si affretta a precisare: non significa che in tutte sia stata usata la versione più economica dell’Acm ( aluminium composite material), quella infiammabile che secondo gli esperti, sarebbe il principale responsabile della propagazione, rapida e fatale, delle fiamme nel complesso di Kensington.
Ma già nella serata di ieri proprio quella versione era stato trovata in una ventina di edifici: 5 a Camden, quartiere londinese, e il sindaco locale ne ha già annunciato la rimozione.
Altra notizia sconvolgente, pubblicata dal Guardian: è emerso che in Gran Bretagna l’Acm è ammesso solo in edifici fino a 18 piani - Grenfell ne aveva 24 - ma il council di Kensington, durante i lavori, aveva effettuato16 ispezioni senza accorgersi di nulla.
Su questa vicenda maledetta Theresa May si gioca un consenso già precario: e infatti mercoledì sera ha incontrato i residenti del Lancaster West Estatedi cui Grenfell faceva parte - che l’hanno fischiata - e ieri mattina, prima di partire per l’umiliante visita a Bruxelles, è andata alla Camera dei Comuni a riferire sugli sforzi del governo per sistemare i sopravvissuti e valutare le condizioni di sicurezza di edifici simili.
LA MAY HA CHIESTO la collaborazione di autorità locali, proprietari immobiliari ed addetti ai lavori, che stanno verificando 100 torri al giorno: ma si è anche impegnata a trovare una sistemazione alternativa ai residenti di edifici potenzialmente pericolosi, e questo è già molto più complicato da un punto di vista politico, economico e logistico.
Lo si sta vedendo con la controversa sistemazione dei sopravvissuti di Grenfell, che è stata tardiva, mal gestita, segnata da errori e inefficienze. Per giorni, denunciano i residenti, gli sfollati sono stati abbandonati a se stessi: alcuni dicono di aver trovato sistemazioni improvvisate, molti hanno potuto contare solo sulla solidarietà di privati e associazioni anche per necessità basilari, (soldi, abiti, telefono) quando si è scappati da un rogo con solo il vestito che si aveva indosso.
Per ora, il governo ha messo a disposizione un centinaio di stanze d’hotel e ha promesso di trovare una sistemazione permanente entro una ventina di giorni. Ma i sopravvissuti chiedono di restare vicini a ciò che resta della torre e basta passare un’ora con alcuni di loro per sentirli parlare di social cleaning, pulizia sociale, di un piano preciso per disgre- gare la comunità, far sparire i poveri dai quartieri alti: spia di un conflitto sociale latente e pronto ad esplodere in maniera ben più violenta di una marcia di protesta.
Esempio: per accontentare la richiesta di restare nel quartiere, il governo ha destinato a una parte degli sfollati 68 appartamenti in un complesso di lusso a Kensington. Alcuni dei vicini l’hanno presa bene, altri si sono mostrati meno compassionevoli: sborsano fino a 5000 sterline al mese per vivere lì e non sono disposti ad accogliere chi non si può permettere di pagare nemmeno una frazione di quell’affitto. Accanto alla Londra solidale e umanissima c’è anche questo: il disprezzo inveterato di una classe sociale verso tutte le altre, l’idea che la povertà o la disgrazia siano una scelta o la conseguenza meritata di incapacità o pigrizia.