Il sistema Italia e quell’eterno brutto primato della corruzione
Misurare la corruzione non è semplice perché il fenomeno è “illegale, stratificato e sommerso”. E per capirne la sua misura non bastano le denunce e i pro cedime nti giudiziari, perché non tengono conto di quello che ancora non è stato scoperto. Così, a livello europeo, un metro affidabile è considerato “l’indicatore di corruzione percepita” (Cpi), ovvero una serie di studi e sondaggi su come le persone percepiscono questo tipo d’i ll eg a li t à nei vari Paesi. E questo è il metodo seguito anche da ll’associazione “R iparte il futuro” che ieri a Montecitorio con Laura Boldrini ha presentato il “Termometro della corruzione in Italia”, uno studio che, incrociando il Cpi con altri parametri, fornisce elementi interessanti.
Tre sono gli indicatori principali incrociati con il Cpi: lo sviluppo digitale di un Paese, la trasparenza delle decisioni pubbliche, il tasso di disoccupazione. Più disoccupati ci sono e più è alta la corruzione percepita, ma il Cpi cresce anche con una bassa digitalizzazione e una bassa trasparenza. “L’Italia è agli ultimi posti in Europa secondo tutti gli indicatori selezionati”, fa sapere il ricercatore Giulio Carini. “La corruzione ha un impatto diretto sulla nostra vita perché frena la crescita economica di un Paese, abbassa la fiducia dei cittadini nelle istituzioni e fa perdere credibilità internazionale. Non è un caso se l’Italia è al 20esimo posto in Europa per investimenti stranieri”, osserva Federico Anghelè di “Riparte il futuro”. “Un eccesso di leggi favorisce la corruzione come la mancanza di regole. Penso soprattutto a quando la legislazione diventa una sorta di matrioska incomprensibile, con una norma che rimanda al comma di un’altra e così via…”, osserva Paolo Ielo, pm della Procura di Roma intervenendo alla presentazione.