Il Fatto Quotidiano

Vita di Loizou lo Zingaro in cerca di felicità a Roma

PENSIERI DI UN 13ENNE Lui, i suoi fratelli, le sue sorelle, i suoi genitori trentacinq­uenni sono ancora tutti vivi. Ci sono famiglie molto più infelici – pensa il ragazzo – come quella delle tre ragazzine bruciate vive nel camper

- » VINS GALLICO

■ Dopo la morte delle tre sorelle rom, viaggio nei campi nomadi della Capitale seguendo un ragazzino di tredici anni

Tutte le famiglie felici si assomiglia­no fra loro, ogni famiglia infelice è infelice a modo suo”. Comincia così Anna Kar e ni n a , Loizou non ha mai sentito questa frase, non ha mai letto il romanzo, non ha la più pallida idea di chi sia Anna Karenina. Ma quanti tredicenni di Centocelle sanno qualcosa di Tolstoj?

I coetanei di Loizou conoscono piazza dei Mirti, il nuovo McDonald, che con la metro C adesso il centro è più vicino ma non bisogna per forza andare in Via del Corso. E poi chiude presto la sera, finché non la collegano a San Giovanni. Dove c'è McDonald c'è casa, per tutti tratti che per lui: non lo vedono di buon occhio Loizou quando entra, gli altri li servono tranquilla­mente, magari non con un sorriso ma tranquilla­mente. In fondo i ragazzi sono lì tutti i giorni, non frequentan­o quasi più il campetto di Viale della primavera o il centro commercial­e, ora che è primavera davvero, nella temperatur­a e nei colori, e il parco di Centocelle è invece una distesa brulla che finisce in un aeroporto in disuso.

ZINGARO FELICE lo chiamano quelli del muretto di piazza dei Mirti. Con alcuni di loro è andato a scuola, alle elementari alla Cecconi, la scuola dove ogni mese girano un film o una serie, da La mafia uccide d'estateaPro­f 7, proprio ieri. Zingaro Felice perché a volte lo incontrano sui vagoni della metropolit­ana e Loizou suona la fisarmonic­a, il suo repertorio che comprende l’alternanza di Besame mucho, Bella ciao e un altro pezzo gitano del quale ha dimenticat­o il nome, e quello, Loizou, suona e ride. Zingaro Felice, come una vecchia canzone di Claudio Lolli.

Ma esistono davvero famiglie zingare felici?

Qualcosa è cambiato rispetto agli Anni 90 quando Emil Kusturica metteva in scena U nd er g ro u nd oppure Ga tt o nero gatto bianco, e tutti ballavano l’ossessivo e trascinant­e ritmo balcanico di Bregovic. Quella musica tutta fiati e ritmo metteva allegria, come se non ci fosse nulla da preoccupar­ci. Perché si partiva da un’autoconsid­erazione di povertà materiale e nobiltà morale, che ricordava quella di molti italiani degli Anni 50 e bastava il buon umore, tanto vino, buona musica e qualcosa sarebbe successo: se c’era stato un miracolo a Milano, poteva esserci anche un miracolo a Sarajevo.

Invece quella Jugoslavia non sarebbe esistita più, si sarebbe disgregata e il mercato del lavoro cambiava, e le carovane di nomadi, che prestavano servizio stagionale come artigiani, contadini, giostrai, saltimbanc­hi, improvvisa­mente servirono di meno.

Non sono cose che Loizou sa, nessuno gliele dice così. A casa sua, nella sua roulotte, questa casa che cambia spesso posizione, gli dicono poco. Quello che ha imparato, lo ha imparato guardando, dalla vita, dai suoi fratelli maggiori, tre. E vede come gli altri, le sue sorelle più piccole, e anche Goran, l'ultimo arrivato guardino lui, come se fosse qualcosa a metà fra un discepolo della vita e un esempio.

Sono felici a casa sua?

PRIMA VIVEVANO al Casilino 900, sulla Palmiro Togliatti, la strada che volevano intitolare a Papa Giovanni Paolo II, la strada delle prostitute, dei trans, degli sfasciacar­rozze. Poi li hanno sgomberati. Un peccato perché a Via delle Mimose c'era un giro interessan­te. Anche se eri un bambino ti davano dei compiti strani, come portare dei pacchi e poi ti premiavano con un cellulare, delle scarpe nuove, la spesa. Ma non sempre. E suo padre e sua madre non volevano che Loizou frequentas­se Via delle Mimose.

Per chi è affascinat­o dalle somiglianz­e socio-geografich­e Centocelle somiglia Belleville a Parigi, o a Kruezberg a Berlino. Uno di quei quartieri di periferia, luoghi di fierezza sciovinist­a, di violenza, di malavita, di bravissima gente, di borgatari, di banditi, che poi si trasforman­o in quartieri di migranti, di palestines­i, di kebabari, di moschee, e poi in quartieri di piccola borghesia intellettu­ale, precari della società dello spettacolo, bar e barbieri hipster, enoteche e caffè libreria.

Loizou vive qui in quella che secondo lui, in fondo, è una famiglia felice. Ancora sono tutti vivi, lui, i suoi fratelli, le sue sorelle, i suoi genitori trentacinq­uenni. Ci sono famiglie molto più infelici, come quella delle tre ragazzini che sono bruciate vive nel camper.

Per un secondo ha pensato che poteva capitare anche a lui, a Goran, a Marko.

Loizou non sa che cosa farà da grande, non potrà suonare a vita nelle metro. Eppure nessuno dei suoi fratelli è riuscito a trovare un vero lavoro. Il maggiore, Marko, gira insieme a un siciliano su un camion per raccoglier­e il ferro: “Svuotiamo cantine e soffitte”. Deve sempre parlare il siciliano, e suo fratello deve stare zitto. Quando entrano nelle case, il ferro lo vendono a 4 centesimi al chilo, appena capiscono che è zingaro, pensano che è andato a fare un sopralluog­o, che poi tornerà a derubarli. Non si trova lavoro se sei zingaro.

LOIZOU forse se ne andrà. Diventerà nomade davvero. Lui che è nato a Roma, all’ospedale Casilino. Forse in Germania.

Un suo amico gli ha detto che in tedesco i Rom si chiamano Roma, e che Roma in tedesco si dice Rom. Tutto al contrario. Ecco, magari se è tutto al contrario in Germania potrà un normalissi­mo cittadino sedentario depresso invece che uno Zingaro Felice.

Come il pezzo di Claudio Lolli Lo chiamano così perché i suoi compagni di scuola lo incontrano sui vagoni della metro mentre suona la fisarmonic­a: suona e ride

Da Centocelle Forse andrà in Germania. Un amico gli ha detto che in tedesco i Rom si chiamano “Roma”, e che Roma si dice “Rom”. Tutto al contrario

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Ansa In discarica Il campo rom di "Cinque Vie" a Caivano (Napoli)
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Ansa Emergenze capitali A fianco, un anziano rom nell’ex campo Casilino 900 di Roma

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