Corriere Torino

«Pugni e calci dagli agenti» Le confidenze dei detenuti nel racconto della Garante

Presunte torture in carcere, Monica Gallo sentita per oltre tre ore «A un certo punto, segnalai le cose a provvedito­re e sindaca»

- Massimilia­no Nerozzi mnerozzi@rcs.it

Tutto inizia così: «La prima segnalazio­ne di violenza arriva nel settembre 2018: durante un colloquio, un detenuto mi disse che era stato preso a calci da alcuni agenti, durante un trasferime­nto tra padiglioni», racconta Monica Cristina Gallo, dal 2015 Garante comunale dei diritti delle persone private della libertà. Sulle domande del pubblico ministero Francesco Pelosi, parla per oltre tre ore, come testimone al processo sulle presunte torture nel carcere «Lorusso e Cutugno», che vede imputati — a vario titolo — 21 agenti della polizia penitenzia­ria. Ne esce uno scenario — preoccupan­te, ma complesso — fatto dalle confidenze dei carcerati o da parole a loro volta sentite da altri e poi riferite. Per un’escalation di relazioni e allarmi, fatti da Gallo: «A un certo punto segnalai le cose anche alla sindaca, oltre che al provvedito­re regionale dell’amministra­zione penitenzia­ria».

Inevitabil­mente, nella lunga ricostruzi­one non sempre spuntano i nomi dei presunti responsabi­li, a parte quello dell’ispettore Maurizio Gebbia, coordinato­re del padiglione C, e quello di un collega che, a un certo punto, Gallo indica in aula. «Io raccolgo segnalazio­ni, ma non faccio indagini», precisa la garante davanti al tribunale (presidente Paolo Gallo). Però, molti sapevano, sostiene: «Durante una riunione con Liberato Guerriero (ex Provvedito­re, ndr), Minervini (l’ex direttore del carcere, ndr )mi disse che erano consapevol­i delle situazioni di tensione nell’area C», quella che ospita anche i condannati per reati sessuali. Di più, il primo avrebbe detto: «“Domenico, quando ci sono le mele marce bisogna spostarle”. E qualcuno fece il nome di Gebbia». Morale: «All’inizio del 2018, dentro al padiglione C c’era una situazione di tensione e di abbandono. Anche il direttore diceva: “C’è una situazione un po’ particolar­e”». Ogni tanto, la memoria viene rinfrescat­a dalla citazione delle informazio­ni testimonia­li rese da Gallo durante le indagini: «Giravano diverse voci, che in quel padiglione i detenuti venivano picchiati, ma nessuno aveva fatto specifica denuncia», un passo del verbale letto dall’accusa. La garante concorda: «Se ne parlava in maniera generica, non specifica. Gli educatori facevano intendere che c’erano stati episodi di violenza».

Dopodiché, cominciaro­no a spuntare episodi: «Un detenuto mi parlò che durante le perquisizi­oni gli venivano piantati i pennarelli nel vaso dei fiori, così che non potesse più disegnare». Un altro si confidò con un prete: «Noi qui perdiamo la dignità». Ma — secondo la Procura — sarebbe successo ben di peggio: «Un ragazzo raccontò una serie di cose, piangendo. Che era stato portato in una saletta e picchiato dagli agenti — spiega Gallo — con pugni nella schiena e schiaffi». E ancora: «Agenti leggevano ad alta voce alcuni passaggi del suo procedimen­to penale. E al riceviment­o della posta, lui doveva ripetere: “Io sono un uomo di m.”». Salta fuori un dialogo tra alcuni agenti, ascoltato dal prete: «“Il detenuto che ha tentato la fuga è stato spaccato dagli agenti del reparto”, dicevano. Era nel padiglione B, dov’era stato spostato Gebbia». Alla prossima udienza, ci sarà l’esame da parte delle difese, tra cui gli avvocati Luca Bruno, Enrico Calabrese, Antonio Genovese, Antonio Mencobello. In abbreviato, Minervini è stato condannato a una multa per omessa denuncia, ma assolto dal favoreggia­mento; come pure è stato assolto l’ex capo della penitenzia­ria, Giovanni Battista Alberotanz­a. Condannato invece (a 9 mesi) un agente, che si era visto riqualific­are il reato di tortura in abuso di autorità. Insomma, sarà un dibattimen­to complicato.

 ?? ?? Penitenzia­rio In basso a sinistra, un corridoio di un’istituto di pena; a destra, Monica Cristina Gallo, dal 2015 è la Garante comunale per i diritti delle persone private della libertà
Penitenzia­rio In basso a sinistra, un corridoio di un’istituto di pena; a destra, Monica Cristina Gallo, dal 2015 è la Garante comunale per i diritti delle persone private della libertà
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