Ago, filo e occhi di vetro In via Barbaroux il gioco è far rinascere le vecchie bambole
Greta Canalis, 35 anni, è probabilmente l’unica Dottoressa delle bambole ancora operante in Italia. I suoi «ferri» sono ago, filo, masini, linguette, paglia, occhi di vetro. I pazienti, bambole di porcellana, teddy bear, barbie, cavallini, ciccio belli. «I nostri primi compagni di vita». Laureata all’accademia di Belle Arti, alla pittura e alla scultura ha preferito il restauro dei ricordi. Un’idea messa a terra dieci anni fa, quando ha deciso di ereditare il mestiere dal laboratorio negozio «Balocco Arte», in via Barbaroux 10 H «dove ho affiancato il mio maestro per sette anni. Sembrava Babbo Natale, con il vocione e la barba lunga, riparava bambolotti per hobby» racconta al telefono, mentre sta impacchettando le ultime spedizioni, prima di partire per una fiera del giocattolo in Germania. «Prima di intervenire, ho spesso bisogno di instaurare un dialogo con i miei pazienti. Se una cliente mi porta la sua bambola, prima di toccarla, me la metto sulla scrivania e magari ci guardiamo per una settimana negli occhi di tanto in tanto e io capisco cosa fare. A eccezione di quelle di porcellana o da collezione, cerco di intervenire il meno possibile sui bambolotti. Per fare un esempio, è difficile che inserisca un occhio o un orecchio, se mancano. All’inizio, sbagliando, li restauravo quasi come nuovi e i miei clienti restavano delusi, perché dopo tutti quegli anni insieme stentavano a riconoscerli: non erano più i loro amici». A «Balocco Arte», dove si riceve solo su appuntamento, la maggior parte delle richieste arriva tramite i social, ma poi «prendono treni, aerei, pur di non spedire i loro peluche: a tutte le età. Li portano sballottati dentro delle buste, non se la sentono di affidarli al corriere». Le cartelle cliniche da esaminare sono tantissime. «Sotto Natale possono essere anche 200 a
settimana. In media, invece, sono una 50ina, ma non sempre i preventivi vengono accettati». Dottoressa delle bambole a tempo pieno, certificata anche dall’associazione americana
Doll Doctor’s Association, «sono rimasta una delle poche, se non l’unica, a farlo in Italia. C’è l’ospedale delle bambole a Napoli, che è storico, ma non so se è rimasto solo il museo e un altro laboratorio a Roma, in via Ripetta, che l’ultima volta ho trovato chiuso».