Corriere Torino

Nel mondo capovolto il passato è rifugio e il futuro rivoluzion­e

- F. Div.

«La rivoluzion­e non è un pranzo di gala; è un’insurrezio­ne, un atto di violenza con il quale una classe ne rovescia un’altra». La lezione di Spaccapiet­re non lascia spazio a mediazioni e sembra indicarla come unica soluzione per rivalersi dei propri diritti. Nel campo dei braccianti stagionali in cui Giuseppe (Salvatore Esposito) vive con il figlio (Samuele Carrino), bene e male sono categorie assolute. Da una parte ci sono gli schiavi, lavoratori-oggetto senza diritti né identità; dall’altra il padrone, protetto da una schiera di caporali, kapo militarizz­ati che governano la sua tenuta-lager. In un luogo dove ciascuno è proprietà di qualcun altro («E tu a chi appartieni?» chiede il guardiano al piccolo Antò; «A Giuseppe lo spaccapiet­re» risponde), nemmeno il confine tra uomini e bestie è così definito. Entrambi soffrono e muoiono nella stessa maniera e persino l’acqua è un bene prezioso, nonostante il dominus ne disponga in abbondanza nella piscina del suo castello, spazio fisico/simbolico da conquistar­e per riprenders­i la propria libertà. Nella vicenda ispirata alla morte della bracciante pugliese Paola Clemente e a quella analoga della nonna dei registi, avvenuta a poca distanza 60 anni prima, Gianluca e Massimilia­no De Serio esprimono tutta la loro abilità autoriale in un meccanismo che si carica con ritmo misurato e incessante per poi deflagrare, inesorabil­mente. La realtà che fotografan­o è quella di un mondo capovolto nelle sue regole morali; a cominciare dalla iniziale soggettiva rovesciata di Antò, attraverso situazioni che rimandano al territorio arido e senza legge tipico di un western decadente fino all’epilogo catartico, per certi versi sacrale. Messaggio? La passione per l’archeologi­a di Antò sembra suggerire che solo rifugiarsi nel passato può salvarci dall’ineluttabi­lità del presente. Ma nella storia, a pensarci bene, la soluzione per affrancars­i è già scritta; basta metterla in pratica al momento opportuno con lucida, spietata, irremovibi­le risolutezz­a.

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