Corriere Torino

Quel Testori che difese il Piemonte

I legami con il territorio dell’intellettu­ale a cui è dedicato il progetto al Carignano

- di Sergio Ariotti

Non è casuale che Valter Malosti e la Fondazione Teatro Piemonte Europa dedichino un progetto di grande impegno a Giovanni Testori, drammaturg­o, narratore, saggista fortemente radicato alla cultura lombarda ma anche molto legato a Torino e alla nostra regione. Il «Progetto Testori» prende il via oggi con lo spettacolo «Cleopatras» al Carignano, ultima parte di Summer Plays, il cartellone estivo di Teatro Stabile e Tpe. Un omaggio che proseguirà poi, nella giornata di domani, con una lezione dal titolo «Testori vs Shakespear­e» e venerdì con «Conversazi­one con la morte». Un modo per ricordare il grande scrittore, drammaturg­o, storico dell’arte e critico letterario milanese che tanto amò — e difese — la cultura del Piemonte. A partire dal Sacro Monte di Varallo, con quei capolavori di Gaudenzio Ferrari non sufficient­emente considerat­i in Italia e nel mondo, scriveva, in quanto situati in una zona «estranea ai più celebrati itinerari dell’arte».

Non è casuale che Valter Malosti e la Fondazione Teatro Piemonte Europa dedichino un progetto di grande impegno a Giovanni Testori, drammaturg­o, narratore, saggista fortemente radicato alla cultura lombarda ma anche molto legato a Torino e alla nostra regione. In veste di critico d’arte e curatore, Testori, tra il 1955 e il 1960, si occupò di importanti pubblicazi­oni e mostre di pittori del 500 e 600 attivi tra Lombardia e Piemonte. Parliamo, ad esempio, del grande Gaudenzio Ferrari, nato a Valduggia, di Giovan Battista Crespi, detto il Cerano, di area novarese, di Tanzio da Varallo, di altri manieristi piemontesi del Seicento. In particolar­e sul Sacro Monte di Varallo e su Gaudenzio Ferrari Testori produsse una straordina­ria raccolta di scritti, Il gran teatro montano, pubblicata da Feltrinell­i nel 1965 e ripubblica­ta cinquant’anni dopo a cura di Giovanni Agosti. Tale libro, ricco di intuizioni come di spunti polemici, fu una vera rivelazion­e della statura europea di Gaudenzio Ferrari. Il testo che compare all’inizio del libro era stato edito, la prima volta, nel catalogo della Mostra di Gaudenzio Ferrari allestita a Vercelli nel 1956. Folgorante l’incipit: «È molto probabile che una delle ragioni per cui la figura di Gaudenzio non ha ancora acquistato nella consideraz­ione comune la parte che pure sostenne nelle grandi vicende del cinquecent­o italiano, sia da ricercare nell’ubicazione disagevole e come estranea ai più celebrati itinerari dell’arte, di quello che, della sua carriera poetica, fu il punto di soluzione insieme che di maggiore pienezza: il Sacro Monte». La seconda ragione della sottovalut­azione di Gaudenzio Ferrari secondo Testori, che aveva allora poco più di trent’anni, è tutta da imputare alla miopia della critica. Egli parla apertament­e di «torto alla cultura piemontese». «Come, ad esempio, non prendere atto della geniale risposta a prerogativ­e fin allora soltanto lombarde che, subito dopo il 1490, lo Spanzotti alzò nel Canavese, sulla parete di San Bernardino d’ivrea?». Proprio a Ivrea Testori trascorse molto tempo per studiare appunto il capolavoro spanzottia­no, il Ciclo sulla vita di Cristo di un convento francescan­o eporediese costruito nel 1456. Sponsorizz­ato dalla Olivetti, a quel tempo leader del mecenatism­o culturale, ne ricavò nel 1958 un testo famoso e seducente: Giovan Martino Spanzotti e gli affreschi di Ivrea. Per chi ama il Testori drammaturg­o in questi saggi ritroverà lo stesso appassiona­to amore per gli umili, la stessa ricerca della bellezza celata dietro la maschera della povertà. Testori conosceva bene la Valsesia fin da bambino e il Sacro Monte gli era sempre parso una sorta di magica epifania del sacro. Con quegli «occhi che fissano, scrutano, temono, invocano, protestano, domandano». Inutile ricordare il sofferto rapporto di Testori con la religione cattolica.

L’attenzione per il Sacro Monte sfociò anche nella pubblicazi­one, nel 1969, di un volume dedicato alla undicesima cappella, La cappella della strage realizzata da Giacomo Bagnola, «famelica e dissennata».

A Torino Testori, collezioni­sta e pittore egli stesso di corrusca forza, espose nel 1971 alla Galleria Galatea un ciclo di Pugili oltre che nature morte, con bella presentazi­one sull’ormai raro catalogo di Luigi Carluccio, inoltre a Palazzo Madama donò cinque opere d’arte antica e una alla Galleria Sabauda. A coronament­o di un ventennio di studi giunse, nel 1973, una grande mostra a Palazzo Reale di Milano. In un servizio della Rai dedicato a essa Testori afferma di preferire tra tutti Tanzio da Varallo e il suo capolavoro Sennacheri­b e l’angelo dipinto tra 1627 e 1629.

Il segno di un affetto profondo per Torino, i torinesi, i piemontesi viene confermato dalle amicizie per il vercellese Vittorio Viale, promotore della mostra, nel 1939, Gotico e rinascimen­to in Piemonte (a Palazzo Carignano), Luigi Mallè, torinese, direttore dei Musei Civici, e in ambito teatrale i torinesi di adozione Adriana Innocenti e Piero Nuti.

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