Affitti, libri, trasporti La città rischia di perdere 480 milioni all’anno
Un buco da mezzo miliardo di euro. È quanto rischia di perdere, in mancati incassi, la città di Torino se resterà per un anno senza i suoi 40 mila studenti fuori sede. E la stima è calcolata per difetto. In media uno studente proveniente da altre regioni o da altri Paesi spende tra 7 e 10 mila euro l’anno. Tanto costa vivere lontano da casa, per una cifra che comprende l’affitto, i pasti, il divertimento, la formazione, le gite fuori porta, libri, musei, trasporti. Non solo. Chi viene da fuori, spesso, riceve visite da amici e parenti. Che diventano turisti in più per la città. L’eccellenza degli atenei torinesi, il saper attrarre studenti, rischia di rivelarsi un boomerang in questa stagione vissuta nell’incertezza delle semi-aperture e delle diverse fasi del contenimento del virus. Perché se il secondo semestre dell’anno sarà ancora online, e non in aula, in città mancherà all’appello, almeno per un anno, un esercito di 40 mila giovani. Studenti che oggi sono fruitori di formazione degli atenei, e quindi consumatori della città, ma che domani saranno i talenti da trattenere. Insomma, la partita dell’internazionalizzazione universitaria vale molto di più del mezzo miliardo di euro che Torino rischia di perdere nel prossimo anno accademico.
I primi effetti del lockdown dell’industria delle competenze si riscontrano nel sistema delle residenze universitarie, che ora sono abitate al 30-40%, ma che si stanno svuotando ogni giorno di più. I ragazzi, appena possono, tornano a casa. «Siamo molto preoccupati» ammette Walter La Gamma, global business development di Fondazione Camplus, il principale operatore in città con 2.500 posti letto, il 15% occupati da studenti stranieri, per 14 residenze universitarie. «Non ci sono ancora protocolli sulla sicurezza degli hotel e nemmeno per le residenze. Ma verosimilmente ospiteremo pochissimi studenti e solo in stanze singole. Stranieri non ne vedremo, studenti da fuori regione nemmeno. E pochissime saranno le matricole».
Nonostante le previsioni negative per l’anno accademico 2020-2021, Camplus inaugurerà a settembre due nuove residenze: in corso Ferrucci e nel complesso edilizio Aldo Moro. Più avanti sarà il turno del campus di corso Novara e dell’ex clinica San Paolo, in corso Peschiera. Perché nella Torino pre-covid che si candidava a diventare un polo attrattivo per la formazione delle giovani generazioni era tutto un fiorire di investimenti in centri universitari. In città oggi ci sono almeno una dozzina di progetti per quasi 200 milioni di euro di investimenti. Saranno confermati? Alcuni cantieri delle prossime residenze sono congelati. Da quello di The Student Hotel nell’area di Ponte Mosca, a quello di Campus X in via Belfiore. In attesa di maggiore chiarezza sulla ripartenza. Tutti questi progetti, ora in freezer, si portano dietro infrastrutture pensate per i nuovi giovani concittadini, da ristoranti e bar, fino a supermercati e impianti sportivi. «Il governo è intervenuto su più fronti — spiega La Gamma — ma non ha ancora pensato di sostenere la mobilità universitaria. La filiera della formazione merita più attenzione».