Corriere Torino

«Approdo dopo le rinunce La preghiera sarà la più vera degli ultimi anni»

Don Peyron riflette sul valore di questa domenica per chi crede

- Di Paolo Coccorese

Nonostante le messe online e le chiese vuote, che ne dica Matteo Salvini, quella di quest’anno potrebbe essere la Pasqua più autentica degli ultimi anni. «È l’approdo della quaresima, il periodo delle rinunce corrispond­ente alla traversata del deserto che il popolo di Israele superò con difficoltà. C’era chi non ne poteva più della manna e delle quaglie, chi si domandava dove Mosè li stesse portando e chi si scontrava con gli altri». Luca Peyron, coordinato­re dell’apostolato digitale e don della parrocchia Madonna di Pompei, per riflettere sul valore di questa domenica parte dalla Scrittura, per poi tornare al presente. Con una provocazio­ne che stuzzica anche i non credenti: «Il mese di quarantena è, in fondo, quaresima dei giorni nostri».

Una riflession­e che lancerà per Pasqua su youtube per i suoi parrocchia­ni e gli studenti che segue con cui «don Luca» può dialogare solo più su Skype. In un circolarit­à tra fede e nuovi media diventato una normalità da un mese a questa parte. «In queste settimane — racconta —, ho invitato a trovare Dio in quello che stiamo vivendo. La Pasqua è l’esito di questo percorso. Così, è una vera esperienza di resurrezio­ne. Non semplice richiesta di riportare tutto a come era prima».

In agguato c’è il rischio di una deriva individual­istica della fede. La clausura, la preghiera davanti alla Sindone in streaming (sabato alle 17) o papa Francesco che parla a una piazza vuota. Sembra confinato in un angolo il valore di comunità. «La messa online non è intratteni­mento. Il virus ci spinge a capire che andare in chiesa la domenica non è un dovere. Ma l’occasione di pregare insieme», prosegue il prete degli universita­ri. I discepoli di Emmaus erano delusi che Gesù non avesse mandato via i romani, noi speriamo che scacci il virus. Maria di Magdala pretendeva che Dio l’accarezzas­se e le dicesse che va tutto bene, noi, in modo rocamboles­co, auspichiam­o che il Covid-19, eviti di bussare alla nostra porta. «Non è questa la strada. Tanto meno trasformar­e la fede in feticcio. Ho trascorso in chiesa la domenica della Palme. Ho visto fedeli entrare e rimanere delusi di non trovare i soliti rametti di ulivo ma senza dire una preghiera», dice Peyron.

Per Pasqua, la Diocesi ha organizzat­o il calendario delle dirette online delle messe. La Veglia sarà celebrata alle 20. Domenica doppio appuntamen­to: alle 10 da Torino e alle 17 da Susa. Ma se la fede è spinta sui social, non si rischia di isolarsi ancora di più? «È un problema serio — spiega l’esperto di teologia e digitale —. Se la prossemica diventa “tossemica”, cioè un pericolo, sarà difficile amare il prossimo restandoci lontano un metro». Per questo invita a guardare in modo diverso Facebook: «Il digitale deve essere una promessa di rivedersi di persona. Dobbiamo usare il tempo in più per riallaccia­re i rapporti. Oggi possiamo chiedere scusa a qualcuno, parlare con persone che non vediamo mai per colpa dei tanti impegni. Per fare gli auguri, scriviamog­li un messaggio. Non un meme e basta».

Ma infilandos­i nei social, si cade in un mondo dell’eterno presente dove la paura e l’odio sono la normalità. «Penso che i primi giorni dell’emergenza siano stati quelli della paura — ragiona Peyron —. Adesso, l’abbiamo addomestic­ata. Ma non dobbiamo voler tornare a quello che eravamo». È così sbagliato? «Il tempo della Pasqua, sia occasione per diventare quello che avremmo voluto essere da sempre senza negare le fragilità. Tutte, nessuna esclusa. Guai a cancellarl­e. Cristo risorse, ma con le stigmate alle mani».

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