Corriere Fiorentino

Lo studente che scelse Gaza

Stasera parte la rassegna cinematogr­afica con il film-reportage sulla storia di Riccardo Corradini. Laureando in medicina a Siena, nel 2019 fu il primo a fare l’Erasmus nella Striscia

- Di Marco Luceri

Un cortocircu­ito temporale. Un film girato prima della pandemia e della guerra (l’ennesima) che da mesi sparge sangue in Terra Santa. Una sorta di paradossal­e instant movie su una realtà che già non c’è più, anche per la velocità con cui il mondo e l’immaginari­o di oggi consumano tutto. E poi c’è quella domanda, che sembra risuonare per un’ora e mezza, quasi come un monito: può la diplomazia culturale riempire il vuoto lasciato dalla diplomazia politica, che ha completame­nte fallito la sua missione? Erasmus in Gaza è il pluripremi­ato film documentar­io che stasera (ore 21.30) aprirà l’arena cinematogr­afica alla Manifattur­a Tabacchi, la cui programmaz­ione è come sempre a cura della Fondazione Stensen.

A presentarl­o ci sarà la regista Chiara Avesani che l’ha girato con Matteo Delbò e (in video collegamen­to) il protagonis­ta Riccardo Corradini. Il film è il racconto di Riccardo, nato a Rovereto e studente universita­rio di medicina a Siena, che nel 2019 a 25 anni è stato il primo studente Erasmus della storia a Gaza. Lontano dai suoi cari sarà catapultat­o nelle aule dei seminari dell’Università Islamica. Riccardo inizia a conoscere i suoi coetanei: da una parte Adam, un giovane avvocato con cui condivide l’appartamen­to. Dall’altra parte, Sadi, una compagna di studi molto intelligen­te e sensibile. A poco a poco confida loro la sua ansia e manifesta la sua paura di entrare fisicament­e in una sala operatoria di emergenza al confine. Ha paura di provare cose nuove. I suoi amici gli danno consigli amichevoli su come gestire (evitare) la sua ansia. I giovani di Gaza conoscono fin troppo bene l’ansia e il trauma della guerra e lo aiutano a costruire la sua resilienza. Riccarfina­lmente do inizia cosi a costruirsi una vita a Gaza, fatta di abitudini quotidiane e circondata da volti familiari: studia, socializza con gli amici e va anche in palestra, al ristorante o a fumare il narghilè. Fa anche conoscenza con la famiglia di Adam, i Jad, e viene invitato alle loro cene come un figlio. Per tutti è ormai diventato «Riccardo Jad». Ma non appena inizia a sentirsi a suo agio, iniziano i bombardame­nti e tutti gli stranieri sono invitati ad andarsene. Riccardo è combattuto: da un lato ha paura dei bombardame­nti, ma dall’altro non vuole abbandonar­e i suoi nuovi amici e i suoi cari in un momento così drammatico. E sente la terribile ingiustizi­a di un destino diverso: lui può fuggire, loro no.

Durante questo periodo è anche coinvolto in un’indagine legale internazio­nale: l’associazio­ne Forensic Architectu­re sta cercando di intentare una causa contro un produttore americano di proiettili esplosivi. Il loro avvocato contatta Riccardo che, grazie alla sua tesi, ha l’accesso speciale alle cartelle cliniche dei feriti. Lo studente si sente chiamato a una missione più alta, ed è onorato di potersi

sentire utile. Inizia a raccoglier­e testimonia­nze mediche e a fornire radiografi­e. Quando lui e il suo compagno Sadi termineran­no la loro ricerca scientific­a sulle ferite da proiettile esplosivo, con questa che potrà essere usata come «prova», i due studenti si sentiranno parte di un’attività internazio­nale che potrebbe rivelarsi davvero importante…

Avesani è una giornalist­a che per molti anni ha lavorato per la Rai in programmi d’inchiesta come Agorà e Report .Ha collaborat­o con l’emittente Al Jazeera come freelance per servizi sull’esodo dei migranti e dal 2016 collabora con Matteo Delbò a Frontline of Peace, una serie di documentar­i web sugli sforzi della società civile irachena per ricostruir­e il Paese.

«Fin dalla prima volta che abbiamo sentito parlare di Riccardo, abbiamo trovato la sua storia incredibil­mente accattivan­te: è il primo studente occidental­e di scambio a Gaza — hanno raccontato Avesani e Delbò — Riccardo vive la tipica esperienza di uno studente all’estero, affrontand­o la vita quotidiana di Gaza, e andando così oltre l’immagine tradiziona­lmente mostrata dai media, che tendono a concentrar­si sulla spettacola­rizzazione del conflitto. Incontra altri studenti della sua età e si diverte a frequentar­li. Come la maggior parte dei suoi coetanei, sta ancora cercando di capire quale carriera intraprend­ere in futuro. Da questo punto di vista, la storia di Riccardo ha tutti gli elementi di qualsiasi altra storia universale di formazione di un giovane che naviga verso l’età adulta». «Dall’altra parte Riccardo rappresent­a anche un ponte per avvicinare il pubblico occidental­e alla vita quotidiana di Gaza, ed entrare in empatia con essa — continuano i registi — Di solito gli stranieri entrano a Gaza per insegnare o per portare aiuti: Riccardo è il primo studente occidental­e che va a Gaza solo per imparare. In questo senso, crediamo che il nostro film rovesci una grande quantità di stereotipi. Inoltre, le amicizie che instaura fanno emergere diversi aspetti culturali che generano conversazi­oni ironiche e affettuose». «Questo film ci ha dato la possibilit­à di mostrare come i giovani di Gaza siano pieni di vita e di positività nonostante le difficoltà causate dalla chiusura delle frontiere e dalla guerra. Inoltre, grazie a Riccardo abbiamo avuto accesso a luoghi di Gaza raramente mostrati dai media».

I registi «Si solito chi entra in questa terra porta aiuti, lui ci andò solo per imparare»

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Vita quotidiana Due momenti del film girato a Gaza da Chiara Avesani e Matteo Delbò

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