LA CHIESA RINATA GRAZIE A UN ARTIGIANO NELLA VIA-BASTIONE
Viene naturale pensare, al cospetto di via da Serumido, laggiù a tagliare il punto in cui Firenze va a chiudersi in uno stretto angolo composto dal convergere di via dei Serragli e via Romana, e chiuso dalla porta omonima, e ad aprirsi così alla campagna domesticata del Poggio Imperiale e delle Due Strade, che c’entri in qualche modo l’umidità: l’aria si fa del resto qua più fresca e rorida, nella stradella prosperano lussureggianti le piante rampicanti, e in un giardino interno s’intravvede pure lo sbuffo di un salice, che com’è noto non cresce mai lontano dall’acqua. Come tante credenze sugli odonimi fiorentini, essa decade una volta messa mano alle fonti — ed emerge, invece, una storia ben più interessante, del resto annunciata da quel «da» al posto del consueto «di». Entrando qui, ci si trova infatti da Serumido, o meglio da ser Umido: questo il nome di un artigiano medievale divenuto così facoltoso da meritarsi il titolo di ser pur non essendo cavaliere o signore, ma per mera acclamazione popolare. Il modo in cui costui, non originario della zona, finì a darle il nome, va ricercato nel Cinquecento, quando Cosimo I rese più tese le relazioni con Siena: a causa delle crescenti schermaglie, questa zona, dove sorgeva l’antica chiesa di San Pier Gattolino, documentata fin da mezzo millennio prima, si ritrovò ad avere inattesa importanza strategica.
Era un periodo storico in cui le vecchie mura ereditate dai secoli precedenti, e pensate per difendersi da frecce e macchine da assedio, si mostravano inutili rispetto ai sopravvenuti cannoni; così Cosimo, che si fregiava di esser lui stesso un esperto di poliorcetica, ovvero l’arte dell’assedio e del suo contrasto, progettò un baluardo del nuovo tipo «a scarpata» che, essendo di fatto un terrapieno, richiedeva molto spazio. Ne fece le spese proprio la chiesetta di San Pier Gattolino, rasa al suolo nonostante vi avessero trovato rifugio i frati di San Donato a Scopeto, detti Scopetini.
Passato il pericolo grazie alla proditoria presa di Siena, il baluardo risultò d’un tratto inutile e gli abitanti rivollero a gran voce la chiesa. Fu lì che entrò in scena il nostro munifico ser Umido, che si accollò praticamente da solo tutte le spese: e l’andamento della via che gli fu dedicata, che assieme alla contigua via De’ Mori forma un saliente a forma di sprone, ancora racconta, a chi sa guardare, la forma del bastione disegnato da Cosimo I.