Ribéry è un peso?
Dopo Napoli Il francese sembra aver perso l’entusiasmo dei primi mesi
Prima la sostituzione poi le parole di Prandelli a fine partita aprono pesanti interrogativi sull’apporto che FR7 sta dando alla squadra
Ci sono 16 milioni (lordi) di motivi per iniziare a porsi qualche domanda. E ogni riferimento all’ingaggio di Franck Ribéry non è casuale. Classe, personalità, talento: che il francese sia un fuoriclasse si sa, e non può certo essere una stagione sbagliata a mettere in discussione una carriera fatta di titoli, trofei, riconoscimenti e successi. Nel calcio però, il passato non conta. O meglio. È giusto tenerlo presente ma, purtroppo, guardarsi indietro non porta né punti né gioco.
Per questo, dopo il fragoroso tonfo di Napoli, è giusto tirare una linea su quanto abbia (realmente) portato il francese. Per FR7, quello raggiunto allo stadio Diego Armando Maradona, rischia di essere un punto di non ritorno. «Per me Franck è un campione — ha detto Prandelli — ma a volte quando si ferma non lo capisco. Avevo paura che avesse un problema. È una questione che dovremo valutare con attenzione». Parole dure, che spalancano il portone a mille possibilità. Nella frase del mister infatti, si coglie la (forte) preoccupazione che il francese abbia staccato la spina, e che non sia pienamente calato nella realtà del momento. L’esatto contrario, per intendersi, di quanto avvenne nei primi mesi della sua esperienza fiorentina. Da leader e trascinatore in stile Ibrahimovic (tanto da stupire tutti per l’umiltà con la quale era planato dall’universo Bayern a quello viola) a corpo apparentemente estraneo. Ribéry oggi è un giocatore che incide poco e che, soprattutto, crea all’allenatore problemi in termini di equilibrio, condizionandone le scelte. «Non posso giocare con due punte vere se ho in campo i trequartisti», ha per esempio spiegato Prandelli rispondendo a chi invocava l’utilizzo di Vlahovic e Kouame.
Non solo. Volendo far coesistere il francese e Callejon, sarebbe opportuno rinforzare il centrocampo. Magari, scegliendo la strada del 4-3-3. Con quel modulo però, FR7 sarebbe costretto a giocare largo, a sinistra. Un ruolo che, fisicamente, non è più in grado di coprire. E poi ancora. Nel 3-5-2 (modulo utilizzato spesso sia da Iachini che dal tecnico di Orzinuovi) Ribéry si allontana troppo dall’area di rigore, abbandonando a se stesso il centravanti di turno. Fin qui, le riflessioni. A queste però, si aggiungono i numeri. Freddi, e incontrovertibili.
In questa stagione Franck non ha ancora segnato e, in un anno e mezzo, sono soltanto tre le reti realizzate. L’ultima, il 27 giugno scorso, a Roma contro la Lazio. Un digiuno lungo 205 giorni, e 24 partite. In compenso, quest’anno, ha fornito 4 assist, che si uniscono ai 3 del passato campionato. Tenendo presente l’ingaggio (4 milioni netti all’anno che al lordo, in due stagioni, fanno 16 milioni) significa che Ribéry costa alla Fiorentina 5,3 milioni a gol e 2,28 milioni ad assist. Per non parlare di tutte le volte che la squadra ne ha dovuto fare a meno. Dal giorno del suo arrivo i viola (tra campionato e Coppa Italia) hanno giocato 62 partite. Di queste, FR7, ne ha disputate 37, saltandone 25.
Un contributo troppo piccolo per chi, al contrario, dovrebbe fare la differenza. E qua vale la pena tornare sull’atteggiamento del francese. Le voci, da questo punto di vista, corrono da mesi. Malumore, voglia di andarsene, nostalgia di casa e della famiglia. La tentazione, l’estate scorsa, di interrompere con un anno di anticipo. Nei prossimi giorni, Prandelli, ci parlerà e cercherà di capire se, da qua a fine stagione, potrà (davvero) contare su di lui.